Diabolik o Plastik?

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Diabolik, decisamente. Certo, lui è un criminale del fumetti, le cui gesta non vanno imitate, ma è un fumetto di qualità, con belle storie e grandi disegnatori. Plastik invece non è un eroe dei fumetti, bensì una trasmissione che stasera, 19 aprile 2011, nell’anno del signorberlusconi, in prima serata andrà in onda su Italia 1. Premetto: non sono un moralista, né un bigotto, ma un accanito sostenitore del pensiero e della libertà altrui. Nonostante ciò mi viene da dire una sola parola: vergogna. Vergogna a chi conduce questa trasmissione (la Santarelli), vergogna al chirurgo plastico che parteciperà, vergogna a coloro che fanno i palinsesti, vergogna alla televisione. Siamo davvero alla frutta. Il medico chirurgo intervistato oggi in tv ha detto che poiché i giovani di oggi amano la bellezza e per apparire bisogna essere belli, gli interventi chirurgici ti consentono di ottenere quella bellezza voluta. E pare che le ragazze amino rifarsi il seno appena ne hanno la possibilità (leggi maggiore età). Ma voi donne pensate davvero che a noi uomini (perlomeno la maggioranza) piacciano quei seni grossi come cocomeri? Pensate davvero che ci potremmo eccitare nel toccare un pezzo di plastica piuttosto che sentire magari due seni non più turgidi ma con una consistenza naturale? Non date retta a coloro che vi invitano ad andare dal chirurgo, non date retta a Plastik, non seguite la via dell’apparire, ma quella dell’essere, dell’essere naturali, intelligenti, brillanti, spiritose. In prima serata… ma ci rendiamo conto che razza di messaggi questi produttori televisivi mandano alla gente e soprattutto ai giovani? Ma non avete il benché minimo rispetto per la mente umana? Ma già… l’importante è lo share, e siccome sapete bene che migliaia di ragazzi rincoglioniti (da voi) vi seguiranno, voi continuerete con questa politica del “chirurgia è bello”. Complimenti. Io mi faccio il culo a scrivere romanzi, sceneggiature, insegnare, inventarmi le cose e poi… e poi non pubblico con la Mondadori perché se non hai commesso qualche omicidio, non sei finito sulla cronaca nera o non ti sei portato a letto qualche ragazza di successo col cavolo che pubblichi con loro! Ma lo so, lo so… sto sparando nell’acqua, sto tirando pugni al vento contro, sto urlando al getto di una cascata! E c’ho pure 60 anni! E ancora non ho imparato che il mondo va così, alla rovescia.

Corso di Editing & Digital Direction

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La Provincia di Livorno e I.FO.TER. informano che sarà attivato un corso di Editing & Digital Direction. Si svolgerà a Livorno, dal 10 maggio al 15 giugno 2011.

I docenti saranno, oltre a me che insegnerò sceneggiatura, Marco Sisi, Luca Dal Canto e Marco Conte, per montaggio, regia e recitazione.

Per leggere il bando, vedere quali documenti servono per l’iscrizione e le modalità di presentazione delle domande, collegatevi qui: http://www.laportadeltirreno.it/icms/opencms/LaPortaDelTirreno/index.html

Nell’articolo troverete ogni dettaglio.

Un tuffo nel presente

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Nell’incertezza di un domani, rileggo a fondo pagine del mio passato, là dove ancora la speranza di concretizzare i sogni, di costruire il nuovo, di realizzare le proprie aspirazioni era solida. Solida la speranza, ma non la certezza che tutto filasse liscio, perché il futuro non ha occhi per seguirti lungo la via della vita. Il futuro è girato di spalle, non si accorge di te se non quando lo passi, e allora è già passato. Leggo i vent’anni, i miei vent’anni, quando ancora uno spinello era come il soffio mefistofelico del diavolo, quando scrivere sui muri era più che indecoroso, quando i giocattoli erano pochi e belli e te li costruivi spesso da solo. Leggo e vedo. Vedo il sorriso, la voglia, la sicurezza di un punto d’arrivo. E vedo gloria, soddisfazioni, successo professionale, gente bella conosciuta, gente cattiva che ti forma, amori, figli dell’amore, lacrime, separazioni, morti. Guardo il passato e mi accorgo di una cosa: che ho vissuto. E non è male, non è poi così male. Guardo e vedo il denaro. Anzi, non lo vedo, o perlomeno ne vedo poco. Guardo e vedo gente, che del denaro ne fa una ragione di vita, che stila una classifica: io non sono ai primi posti, addirittura verso gli ultimi. Perché? Perché non ho la macchina nuova fiammante, o un bel conto in banca, o tanti soldi per le vacanze esotiche. Per loro sono un fallito. Per me sono falliti loro, tutti. Perché hanno fallito con la loro anima, la loro generosità, mancando il vero senso della vita: amare a prescindere. Lo vedo, lo vedo in questo momento.

Considerazioni su Saviano

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Domani sera, giovedì 31 marzo, accolto dal tepore della tanto attesa primavera, Roberto Saviano presenterà il suo libro alla Gaia Scienza di Livorno. E’ un peccato che, per impegni di lavoro, non potrò esserci. Ma non è questo il punto: Saviano l’ho ascoltato tante volte in Tv e, anche se avrei voluto essere lì vicino a lui domani, voglio spendere due parole per questo giovane scrittore che vive la sua vita a metà. Non so se Saviano è un uomo tanto coraggioso da aver voluto sfidare le organizzazioni mafiose volontariamente, non sono sicuro che fosse cosciente della risonanza mediatica che i suoi libri avrebbero avuto. Ma non importa; è importante invece che adesso lui continui a denunciare la camorra, a instillare nella mente dei giovani che non si è uomini solo se si ha una pistola in tasca, se si uccide qualcuno o si chiede il pizzo a un commerciante. Saviano arriva in questa nostra libreria scortato dai poliziotti, la gente che andrà ad ascoltarlo sarà perquisita, a una certa ora non si potrà più entrare. E forse non potrà neanche stringere la mano a qualcuno, non si fermerà all’Antico Moro a mangiare del buon pesce come farebbe qualsiasi altro scrittore “normale”. Sono con lui, solidale, vicino ai suoi pensieri e alle sue parole, concetti, denunce. Io credo che tu abbia paura, Roberto, paura che qualcuno potrebbe ammazzarti per vendetta, e se hai paura – come mi pare di averti sentito accennare velatamente in qualche tua apparizione televisiva – allora ti sono ancora più vicino, perché la paura è umana, e non si può non aver paura del male. Ti auguro una buona serata, e sono sicuro che i livornesi – lo leggerò l’indomani sul quotidiano della città – ti applaudiranno a lungo, ti sorrideranno, ti vorranno toccare, stringerti la mano. Non aver paura di loro: loro sono il bene, come tutti gli altri delle altre platee di tutte le città d’Italia.

NO AL NUCLEARE

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Non saranno bellissimi a vedere, né le pale eoliche né i pannelli solari, forse in qualche modo “deturperanno” l’ambiente (ma c’è chi deturpa molto di più con alberghi, case abusive, disboscamenti…) ma tra un campo un po’ meno verde e l’idea di essere contaminato da radiazioni scelgo senz’altro la prima soluzione. Le centrali nucleari del Giappone, nonostante siano state costruite con il massimo della sicurezza, ci danno prova che non esiste la sicurezza per eccellenza, che qualcosa può sempre accadere. E quando qualcosa si guasta in una centrale nucleare i rischi sono molti. E poi le scorie. Dove vanno a finire questi rifiuti radioattivi? Li spariamo nell’Universo? Li sotterriamo? Li gettiamo in mare? Il nostro Paese ha il vento e il sole: sfruttiamoli. Non diamo retta a coloro che in tv, durante i soliti noiosissimi e litigiosi talk show ci rassicurano dicendo che da noi non ci sarà mai un terremoto di magnitudo 8,9, che le centrali sono sicure e ci faranno risparmiare. Non diamo ascolto a gente come loro che vorrebbero il nucleare per un solo scopo: il denaro. Basta. Basta con gli interessi, basta con lo sfruttamento, basta essere presi per il culo. Voglio un Paese pulito, per tutti noi e soprattutto per tutte le nuove generazioni che verranno. Basta con questo Governo. Basta.

A bocca aperta…

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Durante un’intercettazione (letta su un quotidiano) una madre chiede alla figlia quanto le abbiano dato per aver partecipato (e chissà se per una prestazione sessuale completa o…) a una delle feste ad Arcore. “Mi hanno dato 6000 euro!” risponde la ragazza. La madre è soddisfatta e le risponde che 12 milioni delle vecchie lire sono una buona somma. Ecco, in questo caso non m’interessa parlare di Berlusconi e i suoi festini: ormai è un argomento scontato e poi dovrà affrontare un processo, quindi lasciamolo stare. Mi indigno (sì, ancora mi indigno) per quella percentuale neanche troppo bassa di genitori che spinge i propri figli ad approfittare della stupidità di certi uomini di potere che con il denaro pensano di poter comprare tutto. Sono tante le madri che inculcano nelle menti delle loro figlie che sfruttare gli uomini ricchi sia giusto e morale. È l’assoluta vergogna delle menti ignoranti, della bassezza, dell’opportunismo. Per certe madri le loro figlie devono “farsi una posizione”, trovare un uomo che le facciano fare una vita agiata, ricca, senza problemi. E queste figlie cosa possono imparare da certe madri? Solo come diventare delle vere mignotte. Una signora su Facebook, a proposito di questo argomento, mi ha detto che è colpa degli uomini che vogliono sempre “quello” se oggi siamo in questa situazione. Be’, io le ho risposto che se noi vogliamo solo “quello”, non è che le donne facciano qualcosa per non darcela. Se io chiedo e lei me la dà… mica è sempre colpa mia. Basterebbe rispondere con un no. Si vergognino queste madri, si guardino allo specchio e si chiedano perché spingono le figlie a diventare ciò che la nostra anima, quella pura, non vuole. Ma come facciamo a farglielo capire? Mica vengono qui a leggere questo post. Tanto lo so già che chiunque passerà da qui lascerà un commento che mi darà ragione, e invece mi piacerebbe che qualche donna – che fa certe cose – venisse qui e mi spiegasse il perché. Ma questa gente è troppo vigliacca. Si rimane a bocca aperta di fronte a certe storie. Perfino la Lewinsky.

Il mondo sta cambiando

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Il mondo sta cambiando radicalmente. Oggi c’è la Libia che si ribella, e non è il primo Paese di quella zona fragile e pericolosa come una polveriera che lo fa. Gheddafi si ostina a mantenere un potere che ormai, alla luce dei fatti, ha perso. La gente si sveglia, Internet e i social network danno la possibilità di vedere oltre ogni confine, di capire che c’è qualcosa di meglio che non il burqua, l’excissione del clitoride, l’infibulazione, i regimi, la corruzione. La democrazia non è solo un sostantivo che si trova sul vocabolario, descritta come una forma di governo in cui la sovranità appartiene al popolo; la democrazia deve essere messa in pratica, adottata da ogni Paese. E ci riusciremo, piano piano ma ci riusciremo. È lunga la via verso una pace mondiale, è lunghissima la via prima di estirpare dalle menti dei martiri l’idea che essere un kamikaze porterà poi a sederci accanto a Dio, Allah o come questo dio lo volete chiamare. È ancora più lunga l’idea di sconfiggere la corruzione, ma se i popoli sono ben governati forse una piccola speranza esiste, perché la corruzione è solo una conseguenza di malesseri e frustrazioni. Certo, è addirittura forse utopistica l’idea di cambiare le menti di chi invece ci governa, perché sono loro che alla fine, chiusi nel vortice del potere, credono di essere invincibili, eterni, al di sopra della legge e quindi sono loro stessi a creare quei malumori nel popolo. Difficile che un onesto politico non si lasci catturare dai pericolosi ingranaggi del Potere, quello con P maiuscola; è l’Uomo che ha nel Dna il seme del male. E mi verrebbe da dire che, pur incontrando un uomo di potere “onesto”, anche lui ha un suo prezzo. C’è il lato positivo nell’Uomo però, come in tutte le cose: che il seme del bene è sempre più forte del suo opposto, ed è per questo che la speranza che un giorno la vera democrazia, la non corruzione, i buoni governi, i poteri giusti e la disciplina non imposta ma voluta prenderanno il sopravvento. Non ho idea di quando accadrà, ma accadrà.

 

(l’immagine è da ilcannocchiale.it)

 

Autocensura

Mi autocensuro, sì. Ho tolto l’ultimo post che avevo scritto, perché mi sono reso conto che forse era troppo duro. Molti hanno scambiato la mia lista dei cattivi per una critica, quando in realtà era un modo provocatorio per svegliare le menti di qualcuno. Poiché l’idea di criticare la gente non è nelle mie corde, allora ho cancellato il post. Se qualcuno se l’è presa mi dispiace.

Lettera aperta a Luis Durnwalder

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Carissimo Luis Durnwalder, nonché Presidente della Provincia di Bolzano, le scrivo una lettera sincera. Intanto posso darti del tu? Bene, allora senti… pezzo d’imbecille, solitamente rispetto i miei avversari, che siano politici o di altra natura, ma in questo caso mi sento di non farlo, per il semplice motivo che rispetto solo avversari intelligenti pur se con idee completamente diverse. Idee costruttive e non disfattiste. Hai dichiarato di non voler festeggiare l’Unità d’Italia e che voi di Bolzano vi sentite più austriaci che italiani. Guarda, io tra l’altro sono anche livornese, e la storia m’insegna ad essere – ricordandomi il 10 e 11 maggio del 1849 – contro gli austriaci e molto italiano. Se tu, caro Luis, non ti senti italiano, fai un sondaggio, un referendum o quello che ti pare, e vedi un po’ se Bolzano desidera non fare più parte dell’Italia. Se avrai consensi ti chiedo una cosa: vai pure a far parte dell’Austria, te e tutti i bolzanesi che lo vogliono. A me in fondo – anche se mi dispiacerebbe un po’ – se Bolzano si sente austriaca e vuole far parte di quel Paese, faccia pure. Non mi metterò a piangere. Ma ricordati, imbecille che non sei altro (non riesco a non darti dell’imbecille) che in questo momento delicato e critico del nostro… ops, del mio Paese, non fai altro che alimentare insofferenze e pericolosi pensieri sovversivi. Non abbiamo bisogno di questo. Questa è l’Italia. Se ti piace ci resti altrimenti puoi fare le valige e andartene. O meglio, resta a Bolzano insieme ai tuoi “austriaci” e chiedi che la cartina geografica sia modificata, riscrivendo i confini.

Viva l’Italia?

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Viva L’Italia, caro De Gregori? Viva l’Italia di adesso? E perché? Cos’è che continua a farci battere il cuore quando parliamo del nostro Paese? Forse solo quando siamo lontani, in un altro Paese, sperduto chissà dove. Allora sì che ci si commuove all’Inno di Mameli, si sogna il ritorno alle radici, non vediamo l’ora di parlare la nostra lingua con gli altri. E poi come si fa a non pensare al mare, alle montagne, al buon vino, al cibo quando ci separano migliaia di chilometri? Mi ricordo, tempo fa, dopo aver vissuto cinque anni negli Stati Uniti, il ritorno a casa. Sull’aereo il Comandante annunciò che stavamo sorvolando le Alpi e che stavamo entrando in Italia. Incollai il naso al finestrino e guardai di sotto: era una giornata di sole, il cielo era limpido e scorsi le Alpi innevate. Uno spettacolo della natura, un panorama onirico, una parte della nostra anima. Deglutii per fermare le lacrime di commozione, ma un paio riuscirono a scendere e solcare le guance, libere. Ora invece sono qui e non riesco più a commuovermi per questo Paese, se non quando vado a guardare i “miei” tramonti sul mare o passeggio per le strade della città vecchia. Rimane solo la natura per essere felici, ma devi scegliere il posto giusto, perché anche quella è stata ferita a morte, deturpata senza rispetto. Abbiamo un governo che fa acqua e ci ha resi ridicoli di fronte al mondo; un’opposizione che non si oppone neanche se proponessero la pena di morte; un popolo che segue “Uomini e donne” e il “Grande Fratello”, che cambia canale se c’è la recensione di un libro o un’opera di Mascagni. C’è un popolo che non va più allo stadio perché ormai il calcio è un business televisivo. C’è un popolo ignorante che non legge ma che in compenso ha più case editrici della Francia i cui lettori, rispetto ai nostri, sono di 4 a 1. C’è un popolo che avrebbe voglia di fare una rivoluzione per mandare a casa questi politici ridicoli, opportunisti e incapaci, ma che non ne ha più voglia. C’è un popolo che vorrebbe essere onesto e che invece è sopraffatto dalla criminalità organizzata. C’è un popolo, un piccolo popolo, che vorrebbe vedere morto Roberto Saviano, e che non si rende conto che uomini come lui rischiano la vita per essere onesti. C’è un popolo che amo e che ormai sembra che non voglia più essere amato da nessuno. Viva l’Italia, Francesco, quella che è dentro di noi.