“Dall’Homo Sapiens all’Homo Facebook”

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“Dall’Homo Sapiens all’Homo Facebook” è un monologo che ho scritto per il teatro e che andrà in scena al Teatro Vertigo di Livorno il 21 maggio alle 21,30. Il monologo è il percorso semiserio della musica, la comunicazione e l’amore attraverso i secoli, interpretato da Marco Conte, attore eclettico e di grande sensibilità. Sul palco ci sarà anche il mio gruppo, il “Jazzin’ in Blue Jeans Quartet”, che farà da colonna sonora. Oltre a me alla batteria, ci saranno Anna Rubini, vocalist; Max Fantolini, piano; Giulio Boschi, basso e contrabbasso. Il Teatro Vertigo è in Via del Pallone 2, nel quartiere La Venezia e per prenotare i biglietti basta chiamare al numero 0586/210120. La locandina è disegnata da Luciano Bernasconi, grande fumettista e amico.

Aggiungo che domenica 17 giugno replicheremo lo spettacolo alla Fortezza Vecchia, a Livorno. Ore 21,30. Tel. per prenotazioni: 347/6062521.

Impiccatevi voi!

 

 

“La dignità è più importante della vita”. Queste sono le ultime parole dell’ennesimo suicida che ha pronunciato e scritto prima di togliersi la vita. La causa? La solita: cartelle esattoriali.

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Ultimamente i suicidi sembrano prendere corpo come l’attacco di un virus che si propaga tra di noi, inesorabilmente, senza che nessuno possa fermarlo. Equitalia ha un nome ma non un corpo, Equitalia ha una sede ma non ha occhi sui cui noi possiamo puntare il nostro sguardo, Equitalia è un nome senza anima. È un computer, un numero, un codice, un robot. Non ha un cuore, e noi non possiamo combattere contro chi non ha sentimenti. Equitalia non guarda in faccia a nessuno. E invece dovrebbe. Intanto non è così difficile vedere chi non paga perché non ha soldi, o controllare chi fa il furbo denunciando poche migliaia di euro al mese quando poi nel suo garage ha una Porche Cayenne e uno yacht ormeggiato in qualche porticciolo della Costa Smeralda. Inoltre quando si supera il 10% di interessi si sconfina nello strozzinaggio, e Equitalia insegna come si fa a diventare strozzini. La gente è stanca di pagare dieci volte di più una multa o un canone di abbonamento Rai; la gente è stanca dell’inettitudine dei politici, dei loro privilegi, delle loro ruberie e di quanto siano così attaccati al potere. Destra e Sinistra e Centro si sono dimostrati la faccia peggiore del nostro Paese, illudendo e tradendo il popolo. Lo Stato cerca di recuperare soldi e noi dobbiamo tappare i buchi che loro stessi hanno fatto. Non è questo il Paese che sognavo, non è questa l’Italia di cui andavo tanto fiero. Andate a casa, politici inetti e corrotti, chiudete gli uffici voi dell’Equitalia che non sapete far altro che dissanguare e assistere senza intervenire alle morti che si susseguono giorno dopo giorno. Anch’io ho un paio di cartelle da pagare, ma non mi suiciderò per voi, anzi, visto che non ho yachts né Ferrari né Porche né niente, ma solo una vecchia Punto e una casa in affitto, aspetto che torniate e, quasi quasi, vi vado nel culo. Anzi, impiccatevi voi.

Addio Morosini…

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Addio Morosini. Non ci sono parole per un ragazzo che muore a 25 anni su un campo di calcio. Tutto è discutibile, eppure tutto è in mano al destino. Da tifoso del Livorno e tifoso della vita dò il mio saluto a un ragazzo che muore troppo presto. Un grazie anche ai tifosi e ai giocatori del Pescara, che hanno dimostrato grande sensibilità. Chiederei un gemellaggio con questa città.

Il dito è come un boomerang

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Caro Bossi, ormai il grido “Roma ladrona!” o “Roma padrona!” sembra non abbia più senso. Quel dito, che ostenti con tanto orgoglio e che da qualche parte avresti voluto inserire per esternare tutto il tuo disgusto per i politici, politicanti, corrotti, romani, gente del Sud, e via dicendo, adesso torna indietro come un boomerang e… sai dove va a finire? Con un po’ di fantasia ci puoi arrivare, oppure chiedilo a tuo figlio, che, con la cultura che ha, saprà sicuramente spiegartelo. E così cade anche il mito di Bossi, quello che ce l’ha duro, l’incorruttibile, il guerriero. Ecco la prova che la classe politica è davvero alla frutta. Nessuno o quasi si salva. E’ una vergogna. Non ho neanche parole per esprimere il mio disgusto per degli uomini che dovrebbero, o avrebbero dovuto, pensare al popolo, al bene della gente, al loro futuro, al lavoro, alla ricerca, al far rispettare le leggi. E invece, anche se i politici vengono messi sotto accusa, quasi mai vengono condannati. E questo concretizza il mio pensiero che la legge non è uguale per tutti. Retorica, pura retorica, ma la realtà non sfugge alla retorica. Vergognatevi, voi che avreste dovuto tutelare i nostri interessi, la nostra vita. Noi vi diamo il voto, vi diamo la nostra fiducia, e voi ci ripagate con gli inganni, gli inciuci, le corruzioni, i nepotismi. Non sono un fervido credente, non so chi sia Dio e se esista davvero, non so cosa ci sarà dopo la morte, ma una cosa è certa: se riuscirete a schivare la giustizia terrena, non sfuggirete a quella del giorno dopo la fine della vostra vita.

Un pezzo di pane a me e uno a me…

 

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Il fatto che il nostro Presidente Monti guadagni quel che è ormai noto a tutti, e che i suoi ministri non siano da meno, non mi tocca più di tanto. Io sono sempre stato dell’opinione che, come ormai si dice da tempo sfiorando la retorica, “essere ricchi non è peccato”. Ed avere ricchezze non significa necessariamente essere disonesti. È un’equazione quindi che non amo fare. Il problema semmai è da ricercarsi nel come tutti coloro che hanno soldi e potere non riescano a fare in modo che anche gli altri meno dotati o fortunati abbiano una vita dignitosa. La “sinistra” di un tempo (tempo ormai remoto) si vantava nel professare poche ed efficienti regole: se hai le qualità per accumulare soldi e diventare ricco nessuno ti ferma, però, ai meno fortunati, diamo quello che ogni essere umano deve avere di diritto, e cioè l’istruzione, il lavoro, la sanità e la libertà. Quel minimo cioè che rende l’uomo dignitoso.

No, oggi non è così. Le statistiche, diventate ormai noiose e a volte poco credibili, fanno medie che non hanno né capo né coda. Come a dire: se abbiamo tot quintali di pane nel nostro Paese e lo dividiamo per quanti siamo viene fuori che tutti gli italiani hanno mezzo chilo di pane a testa. Eh, no! Perché c’è chi può permettersi di comprare tre chili di pane al giorno, mentre altri neanche le briciole. Ma si sa, la matematica non è un’opinione, quindi facendo la divisione risulta che tutti abbiamo un pezzo di pane.

Ma come se ne esce? A saperlo. Se avessi una benché minima idea la lancerei, ma più leggo giornali, più seguo i tg, più la mia testa si svuota e mi assale un senso di impotenza e di frustrazione. Rivoluzione? Chissà, potrebbe essere una buona idea. Ma chi la guida? Bersani? Di Pietro? La Camusso? Mi viene da ridere.

Sono però d’accordo su un fatto che sta accadendo in questi mesi: i furbi stanno avendo vita dura, a cominciare da tutti quelli che dichiarano mille euro l’anno e poi si comprano il Suv o vanno in vacanza a Cortina. Oppure quelli che vivono nelle case popolari, dichiarando sempre dei redditi da clochard, e conducendo una vita da veri ricchi. Ecco, questi devono essere smascherati, così come tutti quelli che non pagano le tasse pur incassando migliaia di euro, e non gente come me – o altri come me – che se qualche volta non ho pagato le tasse è solo perché non ne avevo la possibilità. Ho una vecchia Fiat Punto, non vado a Cortina, non compro vestiti firmati o Rolex d’oro, sono uno scrittore, un musicista e mi occupo di un portale web senza voler per forza dimostrare che se non posseggo un Suv sono un fallito.

Il deserto sociale…

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È facile cadere nei luoghi comuni e fare della retorica quando si parla dell’essere umano, della società e di come stanno andando le cose oggi. Ma a volte è necessario, e quindi, lasciandomi andare a semplici considerazioni, dico quello che penso. I Telegiornali ormai fanno con le notizie una sorta di gara tra loro, condendo con ingredienti più o meno piccanti e saporiti le parole per accattivarsi il pubblico. Ma non è tanto questo che mi sconvolge; in fondo fanno il loro mestiere, ed è giusto rendere una certa notizia interessante rispetto ad un altro giornalista che non ci mette né cuore né anima. Quello che mi sconvolge è vedere, anzi, constatare quanto davvero l’Uomo sia la peggior specie mai creata. Due politici (uno di destra e uno di sinistra) coinvolti in orribili storie di potere e di denaro; un negoziante nel Sud che mette un cartello all’ingresso con su scritto “Chiuso per camorra”; due ragazzi in sella ad uno scooter trascinano per cento metri una donna per scipparle la borsa; il Sindaco di Comiso che fa dell’aeroporto una pista per le Ferrari dei suoi amici… e via dicendo. Parto da un punto ben preciso: i politici. Ho perso la mia fede, ho perso quello in cui credevo, cioè in quella sinistra che avrebbe dovuto rendere il nostro Paese più democratico e progressista. La casta ha dimostrato i suoi limiti in tutti i sensi: dall’incapacità di governare all’egoismo puro quando si era costretti a toccare anche i portafogli di tutti quelli che fanno politica. Una vergogna, una delusione non potersi più rispecchiare in qualche uomo in gamba che poteva farci decollare come Paese. Tutto è in rovina, la violenza ci trascina verso un baratro senza fine, l’opportunismo ci fa essere peggiori, gli intoccabili non ne vogliono sapere di scendere dal loro piedistallo, i criminali non pagano pegno, la giustizia latita. Monti, il Presidente del Consiglio, è un tecnico, fa del suo meglio, commette errori, fa cose giuste, s’impegna, ce la mette tutta per farci uscire da questa crisi. Discutibile il suo operato, ma tutti gli operati di qualsiasi altro politico sarebbero stati discutibili; nessuno è perfetto. Fatto sta che la politica ne esce con le ossa frantumate, perché adesso loro sono lì, affacciati alla finestra, ad osservare, ad aspettare che arrivi di nuovo il momento buono per salire sul carro. Una figuraccia, cari politici, una tale figuraccia che vi mette tutti con le spalle al muro, indegni esseri umani capaci solo di fare quello che finora avete fatto. Cioè mandarci in rovina. Non voterò mai più. Divento qualunquista, anarchico.

2012

 

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Nessuno rimpiangerà questo 2011, ne sono sicuro. Almeno tra la gente normale, quella che fa fatica ad arrivare all’ultimo giorno del mese e si ritrova il portafogli vuoto, miseramente vuoto. Oppure la gente che lavora in un ufficio, in una fabbrica, in un negozio. La maggioranza, insomma. La maggioranza non rimpiangerà questo anno in cui si è visto di tutto, dalla caduta di Berlusconi (a mio avviso l’unico nota positiva, grazie a Dio), alla crisi economica, gli aumenti senza freni, la disoccupazione, l’Equitalia degna del più sfrenato strozzinaggio, e chi più ne ha più ne metta.

Non esistono più le mezze stagioni, ma le mezze calzette che spuntano come funghi nel variegato mondo della politica non muoiono mai. Così come parecchi giornalisti smaccatamente di parte (di qui o di là) che non hanno più una vera e propria opinione giornalistica obbiettiva, di informazione, di super-partes, ma si lasciano catturare nelle spire del potere e dei padroni.

Non lo rimpiangerò neanch’io questo 2011, primo perché appartengo alla razza dei “normali”, e poi perché questo terzo Natale lontano da mia figlia pesa come un macigno sulla schiena. Ma non andrò oltre.

Auguro a lei e a mio figlio un anno nuovo stracolmo di amore, perché questa è l’unica cosa che può far cambiare le persone e, usando un po’ di sana retorica, potrebbe far migliorare l’intero mondo.

Non c’è da stare allegri pensando a cosa potrà accadere nel 2012, a parte la profezia dei Maya che ci condanna ad una totale estinzione il 21 dicembre (meno male, così mi risparmio un altro Natale); l’economia di questo Paese è fragile come carta velina, non vedo spiragli di crescite, di evoluzioni, di schegge di coraggio. Sì, perché il coraggio, in queste situazioni, è il motore per riprendersi, per uscire da questo pozzo profondo come la fossa delle Marianne. Osare per essere credibili, inventare, dare libero sfogo alla creatività che all’italiano non manca.

E allora adesso entra in gioco la speranza, perché senza di essa non si vive, ci si abbrutisce, ci si logora.

Buon Anno a tutti.

Impìccati!

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Stava per uscirmi spontaneo ieri, ma l’ho solo pensato, per rispetto all’età. Si sa, in questi giorni tutti parliamo di crisi, di riforme, di Monti. Diciamo che sono sempre i soliti a pagare e che è difficile andare a colpire i patrimoni, quelli veri, quelli dei ricchi per davvero. Diciamo che non se ne può più, che la gente non arriva alla fine del mese, e così via. Tutte cose vere. Vero anche quando in tv, nei soliti talk-show, si chiede come mai la Chiesa non paga la tassa sulle proprietà immobiliari e non si ha mai una risposta precisa, decisa, convincente. Questo dà ancora una volta l’immagine del Potere che se ne frega di noi poveri comuni mortali. A loro non si possono toccare i patrimoni, neanche la politica ci riesce, neanche i tecnici che ci governano ora. E quindi aumentiamo la benzina e ritocchiamo le pensioni. Bravi. La tassa sulle auto di lusso e le barche? Ah! Ah! Ah! Rido. Gli fa un baffo quella tassa a chi c’ha uno yacht! Comunque… veniamo a noi. Ieri, dicevo, stava per sfuggirmi un “impiccati!”, perché ero in una gioielleria (per lavoro) e, parlando del più e del meno, con questa signora di una certa età, discutevamo, come al solito, di crisi e riforme. “Eh… è un momento tremendo…”, mi fa, “la situazione è grave. Pensi che per l’altro negozio che ho in centro, che è di 170 metri quadrati, ora dovrò pagare un sacco di soldi. E poi anche questo negozio, e poi la casa. Non solo… mi tocca anche pagare l’Ici della casa che ho nell’isola di… X!”. Ho tagliato corto, non le ho risposto e me ne sono andato. A questa gente mi viene semplicemente da dire, oltre al fatto che un bel cappio intorno al collo non guasterebbe: ma perché non ve ne andate gentilmente un po’ affanculo?

Equilibrio

 

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Equilibrio. Una parola che sembra essere destinata alla sola Natura. E se la Natura inizia a soffrire di una mancanza progressiva di equilibrio, le cause vanno lette nel comportamento dell’Uomo. E poiché l’Uomo è notoriamente e ancestralmente disequilibrato, ciò che oggi viviamo è la conseguenza di un atteggiamento poco etico, immorale, disonesto e arrivista del genere umano. La peggior razza vivente su questo pianeta.

Quando poi un essere umano si trova a far parte di un “branco” le cose peggiorano notevolmente. Si hanno molti esempi di ragazzi, addirittura minorenni, che rapinano, violentano e uccidono in virtù di una forza psicologica che il gruppo regala. E il branco negativo si forma anche in quello che dovrebbe essere un punto di riferimento per la sicurezza delle persone. La Polizia, appunto.

Non ho niente contro i poliziotti, quelli cioè che, per un misero stipendio mensile, rischiano la vita per difenderci da ogni sorta di crimine; non ho niente contro i poliziotti che hanno fatto del loro mestiere una missione. Ce l’ho con quelli che, nascosti dietro caschi e divise antisommossa, si rendono anonimi e appaiono come tristi e pericolosi automi degni di un film di fantascienza ambientato nell’anno 3000.

Ultimo esempio di “branco” è quello di quei poliziotti che, negli Stati Uniti, hanno spruzzato addosso a degli studenti scesi in piazza per una dimostrazione, una sostanza urticante. In ginocchio, alla mercé della Polizia, hanno subito una “tortura” come se fosse stata partorita della fantasia di un regista hollywoodiano.

Nascosti e anonimi, questi poliziotti si sentono forti, sanno che nessuno può riconoscerli, che non potranno subire ritorsioni. E allora, nel buio del loro nascondiglio, in loro si scatena una forza negativa e violenta che trova sbocco nel più debole. Anche in Italia succede la stessa cosa, e in quasi tutti i Paesi del mondo.

I telegiornali ce ne mostrano a decine di questi soprusi e abusi di potere.

E allora ti chiedo, poliziotto che in questo momento sei appena tornato a casa e che per pura coincidenza sei finito nel mio blog: come ti senti ora che sei al sicuro in famiglia, con tua moglie che ti sta preparando il pranzo e i tuoi figli che stanno giocando allegramente nel salone? Quando hai tolto quel casco e l’hai riposto nell’armadietto, non hai sentito alcun senso di colpa? Non ti sei sentito un servo del potere? Non ti sei sentito forte con i tuoi compagni e debole adesso che stai leggendo queste righe?

Fatti un esame di coscienza, pezzo di imbecille di poliziotto che non sei altro, pensa ai tuoi figli che credono di avere un padre eroe che lotta per una sana giustizia, pensa a tua moglie che condivide la tua casa, il tuo letto e le tue giornate con l’idea di avere vicino un vero uomo.

 

Il tempo, silenzioso e inesorabile…

 

Amore mio, i giorni passano, lenti e inesorabili, ma i mesi e gli anni non riesco ad agguantarli, a frenarli neanche per un secondo in più. E così il mio sguardo si fa meno lucente, la pelle non ha pudori nel mostrarsi appassita, i capelli, pian piano, trovano altra destinazione, sul pavimento, sulle strade, suorologio.jpglla terra. E non c’è niente che possa farci tornare indietro, maledetto tempo. Tutto è andato, così come queste parole che scrivo, che basta premere un tasto e già il presente è morto, è già futuro, e ora non più. E’ tutto passato. E allora un giorno quando mi vedrai lo so che ti scenderà qualche lacrima, è inevitabile, perché forse pensavi di rivedermi come prima. Nella tua immaginazione il mio viso è quello di allora, il mio incedere è fluttuante e sicuro, la mia forza simile a quella di un toro. E invece non è così, perché l’immaginazione a volte fa dei brutti scherzi, e la realtà assomiglia molto a un film in bianco e nero, con la pellicola graffiata, usurata dal tempo. Ecco perché piangerai. E poi quanto tempo perso, quante parole non dette, quante spiegazioni mancate, quanti fraintesi, quanto orgoglio. Eppure la vita è talmente breve che neanche una freccia scoccata da un arco dura così poco. Non ci daranno un’altra chance, è bene prendere visione della vita e della morte, e se una chance ce la daranno sarà perché saranno le nostre anime a incontrarsi, ma io non sarò più l’uomo di adesso, forse sarò una donna, forse di colore, africana, oppure cinese, o canadese, non so. E t’incontrerò, questo è certo, ma saranno solo le anime a saperlo, non i nostri sensi. E i miei sensi, quelli umani, quelli che gioiscono per un tramonto o un gelato assaporato d’estate, hanno bisogno di sentire il tuo odore, come quando profumavi di talco, hanno bisogno dei tuoi occhi e della tua voce. E invece le lancette dell’orologio non si fermano mai. Provo a romperle quelle lancette, getto lontano quell’orologio cinico e spietato. Ma non serve, perché l’indomani mi accorgo che il tempo non è racchiuso e intrappolato in quelle lancette, ma nel nostro cervello. E cammino meno sicuro, senza arrendermi, è chiaro, perché mai nessuno come me ha avuto tanta forza per combattere contro il male. Sono libero adesso, libero dalla schiavitù di donne insopportabili, meschine, isteriche e egoiste. Libero di mangiare ciò che voglio, di scrivere, di suonare, di lavorare, di essere. E continuo ad amare, senza timore, perché amare vuol dire uccidere il tempo, sopprimere l’orgoglio, essere liberi, appunto. Mi vedrai e piangerai. Ma spero di poterti guardare ed essere lì per asciugarti quelle lacrime, perché se piangerai troppo tardi, il tempo non ti perdonerà.