Vincenzo Cerami non c’è più. Se n’è andato dopo una lunga malattia, e la morte non risparmia nessuno, né artisti, né geni, né santi né eroi. L’ho conosciuto Vincenzo, e ne vado fiero. Abbiamo lavorato insieme durante le lunghe tourné con Nicola Piovani, portando in tutti i teatri spettacoli come “Il Signor Novecento”, “La cantata del Fiore e del Buffo”, e “Canti di scena”, in cui Vincenzo appariva sul palco, seduto vicino a un timpano e raccontava delle storie. Ho anche un libro che lui stesso mi ha regalato, con una dedica: “A Sergio, che dà ritmo alle mie parole”. Già, perché io suonavo la batteria. In più per me è stato – forse a sua insaputa – un maestro, perché io allora avevo già cominciato a scrivere qualcosa, una sceneggiatura, e a lui chiedevo consigli e suggerimenti. E lui pazientemente me li dava. È come aver fatto un corso di scrittura! Un tipo introverso Vincenzo, con lo sguardo basso, schivo, sempre vestito di scuro: un’anima in subbuglio, in continua evoluzione. Ma aveva anche un gran bel senso dell’umorismo, tagliente, immediato, con le battute accompagnate dal solito mezzo sorriso ironico. Tanti ricordi quindi in questo album della mia vita, orgoglioso di aver conosciuto gente di alto livello culturale e di aver imparato qualcosa che forse, quando un giorno la morte prenderà anche me, mi servirà per non morire con un senso di frustrazione. Addio Vincenzo.