Sergio Consani

PER TE

Era un uomo di altri tempi, umile, intelligente e soprattutto onesto. Non a caso non è mai diventato ricco nonostante in giovinezza ne avesse avuta la possibilità. Aveva rilevato un garage insieme a un suo amico, che poi, in seguito, amico non si sarebbe rilevato, approfittandosi della sua buona fede, falsificando fatture e incassando soldi che avrebbero dovuto far parte della società. Così, l’uomo onesto, si ritrovò con un bel pacco di cambiali e dovette cedere l’attività “all’amico”. Inutili le eventuali cause o denunce: non esistevano prove. Grande meccanico, collaudatore di auto, pilota in giovinezza con due partecipazioni alle famose Mille Miglia. Studi: quinta elementare. Orientamento politico: comunista. Divoratore di settimane enigmistiche, amante della lettura, dei viaggi e della squadra del Livorno. Nato il 19 settembre 1920, morto il 9 marzo 1987. Oggi. Mio padre. Severo e di poche parole, non mi ha mai dato uno schiaffo in vita sua, ma, da bambino o da ragazzo gli obbedivo. Mai detta una parola fuori posto a quell’uomo che voleva rispetto, mai detto “scemo”, “stupido”, “non capisci niente”: allora sì che forse sarebbe volata una bella sberla. E avrebbe fatto bene. Gli bastavano poche parole per far capire a me o a mia sorella come dovevano andare le cose in famiglia. Un uomo e un genitore di altri tempi, senza la paura di non essere amati nonostante la severità. L’unico mio cruccio è quello di non averlo salutato il giorno in cui, ottimista come sempre e sicuro che tutto sarebbe andato bene, si sottopose ad un intervento chirurgico. Arrivai all’ospedale di Scandicci, vicino Firenze, con un treno partito tristemente all’alba dalla stazione Termini di Roma. Erano le dieci del mattino e mi accolsero solo le lacrime fresche di mia madre e mia sorella. Avrei voluto semplicemente dirgli: ti voglio bene, babbo. Non feci in tempo, e mi sono portato addosso questo senso di colpa per molto tempo. Fu mio padre stesso a liberarmene, una notte, in un sogno. Mi abbracciò, mi sorrise e mi accarezzò la testa, senza dire una parola. Era il suo modo di perdonare.

PER TEultima modifica: 2010-03-09T12:47:57+01:00da
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