Sergio Consani

Una storia impossibile

C’era una volta un caminetto acceso in una casa sopra una collina di un posto qualsiasi. Dalla finestra si vedevano i campi coperti d’erba fresca, verdissima e gli alberi avevano ripreso vigore con il freddo dell’inverno che si era appena affacciato da quelle parti. Dai vetri della finestra chiusa si udivano i rumori attutiti, ovattati ma comunque veri, colorati, accesi come la legna che ardeva schioppettando nel camino.

Cominciò a piovere e tutto diventò ancora più magico.

Le gocce battevano sui vetri e scivolavano giù fino a perdersi in un rigagnolo che scivolava ancora giù lungo i muri che formavano un altro rigagnolo che scivolava giù fino a raggiungere un ruscelletto che si perdeva di nuovo tra l’erba, qui, là, tra gli alberi, sulla strada sterrata, rincorrendosi tra le pietre di un’aiuola, portandosi con sé ramoscelli, fili d’erba, foglie.

Il canto degli uccelli era stato interrotto dalla pioggia che ora la faceva da padrona: avvolgeva cose e rumori, rendeva tutto immobile con la sua forza.

La vita, sotto l’acqua scrosciante, aspettava con doveroso rispetto che si placasse l’umore apparentemente incostante del temporale.

Avvolti dai rumori discreti, dal calore del fuoco e dal ticchettìo di un orologio a pendolo i due stavano facendo l’amore, con passione, lontani dall’asfissiante vita della città che offriva solo dispiaceri, incomprensioni.

Al culmine dell’amplesso, tra gocce di sudore e gemiti, carezze insistenti e sussulti incontrollabili…

“Voglio un bambino!” disse Renato.

“Tu sei pazzo!”

“Voglio un bambino!”

“Non sai quello che dici.”

“Lasciami almeno sognare. Io ti amo…”

“Lo so… anch’io ti amo…”

Raggiunsero l’orgasmo nello stesso istante, perfezionando e rafforzando un amore che li portava a parlare anche di cose impossibili.

Il fuoco era ormai spento, la pioggia era cessata e i canti degli uccelli erano alti, al culmine della gioia.

I due dormivano, beati e stanchi.

Renato si svegliò per primo.

“Amore… amore… svegliati, è tardi… dobbiamo andare.”

“Mmh… ho sonno…”

“E’ tardi… mia moglie s’insospettirebbe.”

Si rivestirono con pigrizia, seri, consapevoli della loro colpevolezza.

Sistemarono le cose che avevano lasciato in giro per la casa durante quel breve, troppo breve distacco dalla realtà cancerogena della città e si avviarono verso l’uscita.

“Renato…”

“Sì?”

“Chissà se potremo mai adottare un bambino…”

“Forse… forse un giorno sì.”

Si abbracciarono forte,  chiusero la porta alle loro spalle e scesero i pochi gradini che li separavano dalla stradina sterrata.

Renato stese la mano e Marco gliela strinse con forza e speranza.

(tratto da un mio modesto piccolo libro che parla di coppie)

Una storia impossibileultima modifica: 2009-04-26T11:37:47+02:00da
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