Sergio Consani

La parola “fine”

 

Ora posso dirlo: ho finito di scrivere il mio ultimo romanzo. E quando si porta a termine qualcosa, ti investe una sensazione di vuoto. Solitudine, nostalgia. Credo valga per ogni cosa, non solo quando le tue dita digitano la parola “fine” sull’ultima pagina di una creatura partorita dalla tua mente. Un disegno, un progetto, un trasloco, un viaggio… alla fine percepisci sempre la mancanza di qualcosa. Ho scritto per giorni e giorni senza mai staccare gli occhi dal monitor, sono entrato nella psiche dei personaggi, vivevo e mangiavo con loro. La notte inventavo dialoghi, la mattina riprendevo a scrivere. Ora mi sento sazio e nello stesso tempo mi è presa una nuova fame. Che non so che tipo di fame sia. Iniziare subito a scriverne un altro? No, non è questa la fame, almeno non ora. Allora cos’è? La parola “fine” mi lascia sempre confuso, perché è un vocabolo che ho sempre odiato; se c’è una fine per qualcosa, c’è sempre un inizio, penso io. E allora questa è la ragione per cui sull’ultima pagina non ho scritto solo “fine”, bensì “fine del principio”. La storia mi permette di farlo.

La parola “fine”ultima modifica: 2008-07-25T16:43:00+02:00da
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