Dieci e lode

90ef6e6b8dd7217629c3dcb5e05206b6.jpgSono stato premiato da Gianpaolo e neanche sapevo l’esistenza di tale premio. Un bel dieci e lode per questo blog: grazie. Ora ho la possibilità di premiare i blog che voglio e darò le mie motivazioni. Lo farò con grande attenzione, perché di gente in gamba qui intorno ne gira davvero tanta! Grazie a tutti.

Il regolamento del Premio D eci e lode qui sotto.

Come si assegna?Chi ne ha ricevuto uno può assegnarne quanti ne vuole, ogni volta che vuole, come simbolo di stima a chiunque apprezzi in maniera particolare, con qualsiasi motivazione (è o non è abbastanza elastico e libero?!) sempre che il destinatario, colui o colei che assegna il premio o la motivazione non denotino valori negativi come l’istigazione al razzismo, alla violenza, alla pedofilia e cosacce del genere dalle quali il “Premio D eci e lode” si dissocia e con le quali non ha e non vuole mai avere niente a che fare. Le regole: – esporre il logo del “Premio D eci e lode”, che è il premio stesso, con la motivazione per cui lo si è ricevuto; è un riconoscimento che indica il gradimento di una persona amica, per cui è di valore; – linkare il blog di chi ha assegnato il premio come doveroso ringraziamento; – se non si lascia il collegamento a questo post già inserito nel codice html del premio provvedere a linkare questa pagina; – inserire questo regolamento; – premiare almeno un blog aggiungendo la motivazione. Queste regole sono obbligatorie soltanto la prima volta che si riceve il premio per permettere la sua diffusione, ricevendone più di uno non è necessario ripetere le procedure ogni volta, a meno che si desideri farlo. Ci si può limitare ad accantonare i propri premi in bacheca per mostrarli e potersi vantare di quanti se ne siano conquistati. Si ricorda che chi è stato già premiato una volta può assegnare tutti i “Premio D eci e lode” che vuole e quando vuole (a parte il primo), anche a distanza di tempo, per sempre. Basterà dichiarare il blog a cui lo si vuole assegnare e la motivazione. Oltre che, naturalmente, mettere a disposizione il necessario link in caso che il destinatario non sia ancora stato premiato prima.

28 marzo, inizio corso di scrittura a Livorno, II parte

Ieri sera, 7 marzo, si è conclusa la prima parte del corso di scrittura creativa. Con mio grande piacere ho visto quanto impegno tutti hanno messo nel creare una storia. I racconti che avevo chiesto di fare sono usciti dalle loro penne, anzi, dalla loro testa, con un po’ di timore all’inizio, poi, man mano, lasciati per strada i pudori, sempre più veri. Bravi a tutti. Su questo post devo comunicare, contrariamente a quanto avevo detto in un altro post, che il “corso parte II” inizierà il 28 marzo anziché venerdì prossimo. La ragione è che c’è la Pasqua di mezzo, quindi è bene lasciar passare queste feste e riprendere poi più agguerrriti che mai. Chiunque voglia inserirsi in questo gruppo può farlo senza problemi: l’unica cosa che chiedo è che dovrebbero presentarsi con un breve racconto. Chi è interessato a iscriversi può contattarmi direttamente via email, e sempre via email mandarmi il racconto. Ci ospiterà di nuovo la sala consiglio dell’SVS in Via San Giovanni 30 a Livorno, un ambiente che abbiamo trovato decisamente accogliente. La mia email per i contatti è sergioconsani@alice.it

Pezzi di vita

Qui, su questo post, lascerò tracce del mio modo di essere, e quindi di scrivere. Questo primo pezzo di vita è uno spunto che ho preso un giorno da un amico che per la prima volta andava con una puttana. Mi sono immedesimato, io che con loro non ho mai condiviso il letto.

Era la prima volta che andavo con una puttana. Eppure, all’età di quarantacinque anni si poteva pensare che, almeno da ragazzo, spinto dagli amici, incuriosito dal sesso facile senza strascichi sentimentali, avrei già potuto lasciare una traccia del mio seme – inutile in quel contesto, è chiaro – in quell’abisso di paure, di solitudine e di repressioni. Nessuno teme le puttane: per gli uomini loro sono il giocattolo con il quale si può fare qualsiasi gioco, chiedere di soddisfare i propri desideri nascosti, parlare di tutto e quindi di niente senza aspettare, ad una eventuale domanda, una risposta concreta e accettabile. La donna, in quelle vesti volgari, dal fare ammiccante, dal trucco pesante e lo sguardo lontano e perso chissà dove, è la quintessenza del godimento puro e semplice, veloce e senza rimpianti. Nel conficcare quell’arma per niente segreta nell’apertura che dona la vita e solamente un lampo di piacere, si riesce a cogliere le sfumature della vita passata che ti scorre accanto e ti accarezza la testa, le spalle, giù fino alle cosce e poi alle caviglie e infine ti solletica i piedi. Confuso, neanche fossi drogato, ti lasci prendere dalle immagini di altre donne che hanno condiviso le tue notti, il tuo letto, l’auto, il prato, la sabbia. Chi sono quelle donne? Che parte hanno avuto in questa recita dove non si è mai vista l’ombra di un buon regista e neanche una scenografia degna di essere messa nel sacco dei ricordi? Dicono che poco prima di morire si rivedono in un veloce flashback gli accadimenti più importanti della nostra esistenza: anche con quella puttana mi è successo. Forse perché era la prima volta, forse perché speravo di morire tra le braccia di quella sconosciuta, forse perché Zana m’incantava con quel suo sguardo triste, forse perché ero io stesso a voler vedere ciò che era meglio non rivedere. Zana. Mi disse che si chiamava così, ma pensavo fosse un nome “d’arte”. Invece, verso l’alba, mi mostrò quello che sembrava un permesso di soggiorno e lì c’era scritto il suo nome: Zana Enver, nata in Albania, trentacinque anni. «Ma perché fai questo lavoro?» Non rispose subito alla mia domanda idiota; non so se per prendere tempo e pensare ad una risposta adatta al momento o se davvero fosse stanca di rispondere le solite cose ai soliti uomini curiosi. Ma quanti di essi glielo chiedevano? E perché? Chi poteva essere interessato alle sue esigenze, alle esigenze di una puttana? Loro venivano qui, in questo appartamento squallido per farsi una scopata, pagavano e a malapena, forse, dicevano ciao quando se ne andavano chiudendosi la porta alle spalle. «Che te ne importa a te?» Ecco, aveva risposto con una domanda, con quel suo accento un po’ duro, chinando il capo e dando uno sguardo alle sue unghie che avevano perso parte dello smalto rosso cupo. Non c’era cosa che odiassi di più; vedere una donna con lo smalto intaccato, consumato, rosicchiato. Mi dava un senso di sciatteria e sporcizia. Eppure era così visibile, continuamente sotto gli occhi, non era possibile non accorgersene. Molto meglio avere le unghie nude allora, senza quei vestiti a brandelli, così che potevi contare il numero delle bugie.

 

Il corso non finisce qui…

La prima parte del corso termina venerdì 7 marzo, ma il 14 riprenderà per altri due mesi. Invito tutti coloro che vogliono aggiungersi a contattarmi: l’email la trovate su questo blog. Gli allievi che hanno fatto questo primo percorso di otto lezioni insieme a me hanno l’opportunità di viaggiare ancora un po’ nel mondo della scrittura; i nuovi credo che troveranno un ambiente accogliente. E per questi ultimi ho una cosa da dire: portate un racconto, breve, di sei o sette pagine, che avete già scritto o che ancora dovete scrivere. Non è un esame, è solo per vedere quanta voglia avete di iniziare a creare e a divertirvi. La prossima settimana darò notizia sui giornali di Livorno, Il Corriere e il Tirreno, di questo nuovo incontro della durata di ulteriori otto lezioni. Fatevi sentire e passate parola.

Avrei voluto, ma…

Avrei voluto, ma… non l’ho fatto, o non ci sono riuscito, o me lo hanno impedito, o ho avuto paura, o gli altri mi hanno condizionato. Quanti sono i motivi che ci impediscono di fare quello che avremmo voluto? L’idea di questo post mi è venuta leggendo gli ultimi commenti scritti su “il senso dell’umorismo”. Troppi, siamo in troppi a guardarci indietro e chiederci: ma perché? perché non l’ho fatto? Io ci ho provato quasi sempre a fare quello che volevo, e quando altre mie decisioni sono state prese pensando “alla soddisfazione degli altri” le cose sono andate peggio.

Il senso dell’umorismo

Esaurito, provvisoriamente, l’argomento solitudine, innesco una nuova miccia: quella del senso dell’umorismo. Vecchia storia, questa, dove le donne credono di averlo e gli uomini pure. Verrò attaccato all’istante, lo so, ma attraverso le mie esperienze di vita ho appurato che il senso dell’umorismo del mondo femminile è decisamente minore rispetto a quello maschile. Averlo appurato non significa naturalmente che abbia ragione: è solo una constatazione personale. Di loro, cioè delle donne, posso dire che sono decisamente più furbe e più scaltre; noi uomini, soprattutto se ci troviamo di fronte a loro e alla loro bellezza, diventiamo un po’ coglioni. Crediamo di essere cacciatori, e invece le nostre belle prede sanno come farci cadere nelle trappole che noi stessi abbiamo disseminato lungo la strada. In ogni caso sono rare le donne che ti fanno ridere. O che sanno apprezzare battute sarcastiche. Spesso sono permalose e di rimando ti lanciano frecce avvelenate usando il solo sguardo. Gli uomini però, pur se dico che di senso dell’umorismo ne hanno un tantino di più, scadono spesso nella volgarità, con battute stupide o barzellette che forse neanche mio nonno raccontava. E poi, secondo me, chi racconta barzellette non è detto che abbia quel tipo di umorismo che intendo io, ma è solo uno che vuole essere al centro dell’attenzione. Avere il senso dell’umorismo è indice di intelligenza acuta. O no? E l’intelligenza acuta delle donne, che non sfruttano per l’umorismo, si lancia verso altre mete. Quali siano le loro mete ce lo dicano loro.

Sulla solitudine…

L’argomento famiglia, nel post precedente, ha avuto il suo successo, come era prevedibile. E allora adesso vorrei che si parlasse della solitudine, quella che ti prende anche in mezzo agli amici, o ad una folla, o in casa con tua moglie o tuo marito, figli, genitori, gatti e cani e criceti. Quella solitudine che leggi negli occhi di un ragazzo che lava i vetri al semaforo, o di quell’uomo di colore che vende i suoi articoli “griffati” in Piazza Cavallotti. Non ci confondiamo con la nostalgia: è un’altra cosa. E la solitudine di chi a volte, come me, ti prende quando sei lì che scrivi un romanzo o una sceneggiatura, quando qualcosa ti attanaglia lo stomaco e ti senti improvvisamente perso, lontano da tutto, inevitabilmente solo. Solitudine dell’anima che cerca, cerca, cerca sempre. Ma poi, forse, alla fine trova.

Spazio per il corso

Va bene, il suggerimento di Enrica lo prendo al volo, sperando che poi questo blog non diventi davvero circoscritto ai soli corsisti. Semmai domani scriverò un nuovo post per parlare di altre cose dove possono intervenire altri bloggers. Agli ultimi commenti dovrei dedicare mezza giornata per rispondere, ma mi pare di capire che il vespaio è nato dalla voglia estrema di ribellione di Paola. Nonostante possa non condividere le sue opinioni, o alcune di esse, mi diverto e imparo sempre molto dalle persone che sono al mio opposto. Noia mortale stare sempre vicino a gente che condivide, che dice sempre sì, che non ha verve. Perciò, cara Paola, pur se sei libera di prendere qualsiasi decisione (ma te l’avevo detto che non avresti avuto l’appoggio di nessuno), ti consiglierei di non mollare. E sai perché? Perché come ho detto prima da questo corso ne uscirai con un bagaglio nuovo addosso. Certo, in otto lezioni non si può pretendere chissà che cosa, si può dare un’infarinatura tecnica e spiegare in linea di massima come si mettono insieme i pezzi di un puzzle non sempre facili da incastrare. Sei una persona intelligente, perciò se molli dimostri di non accettare gli scontri. Dammi retta, abbiamo fatto solo due lezioni e forse, tra le ore passate tutti insieme e i commenti sul blog, hai già imparato (e io pure) molto di più di quello che pensi. E poi lasciatemi fare questo percorso “tecnico”, lasciatemi il tempo di entrare nelle vostre personalità (un minimo) per capire meglio cosa ognuno di voi potrebbe creare con maggiore facilità. E questo non l’ho detto per presunzione, da persona che riesce a scavare negli animi degli altri, ma solo perché chiunque, con un minimo di tempo a disposizione, può capire chi gli sta accanto. Bene, commentate su questo post ogni vostro dubbio e lasciamo gli altri post liberi ai bloggers che non sanno chi siamo.

Notizie sul mio libro?

E’ arrivato il momento di sapere cosa sta succedendo al mio ultimo romanzo, e forse, in attesa che tra un po’ il mio editore mi mandi il resoconto delle vendite (mi viene già da sorridere), chiedo aiuto a voi. Vi ricordate il titolo? E’ “La figlia della Notte” SBC Edizioni. Per prima cosa mi piacerebbe sapere se qualcuno di voi l’ha comprato attraverso il sito Internet dell’editore – www.sbcedizioni.it -, attraverso altri siti o comprato in libreria. E soprattutto cosa hanno risposto le librerie quando l’avete chiesto. Di sicuro la risposta é: “Non ce l’abbiamo ma possiamo ordinarlo!”. Dunque questo piccolo sondaggio fra voi amici bloggers mi rende la vita un po’ più facile, nel senso che posso rendermi conto quanto possa funzionare un minimo di pubblicità su un blog. Certo è che non basta se l’editore non ci mette del suo, ma tant’è.