Qualcosa da raccontare…

È un invito che vi faccio, quello di raccontare qui nel mio blog, alcuni stralci della vostra vita, qualcosa di spettacolare, di fantastico, di incredibilmente gioioso o triste. Un aneddoto, un pezzetto di voi legato al caso, al non-caso, una scheggia di memoria. Ne avrei diverse da raccontare, e in questo momento me ne viene in mente una, di quando ero ragazzo, diciassettenne, e suonavo in un gruppo che si chiamava I Pionieri. Tornavamo da Viareggio, direzione Livorno. L’unico dei ragazzi che aveva la patente era il chitarrista, Alberto, ed era lui a guidare il nostro pulmino, un mitico Fiat 238, carico di strumenti. Erano le tre del mattino, pioveva, e Alberto era un buon guidatore, sì, ma forse mancava di esperienza, di quel colpo d’occhio che solo chi ha macinato un po’ di chilometri ha. E poi eravamo stanchi, esausti dopo una serata trascorsa a suonare in un locale della Versilia, la Capannina, mi pare. Accanto ad Alberto, sul sedile anteriore, c’erano il bassista e il pianista, anche loro mezzi addormentati. Io ero nei sedili posteriori, sdraiato, abbastanza scomodamente, ma riuscivo a dormire meglio degli altri due davanti. Ero davvero immerso nel sonno. All’improvviso sento qualcosa sulla spalla, come se qualcuno mi ci avesse poggiato per un attimo la mano, per scuotermi e svegliarmi. Ma non potevano essere i ragazzi, perché tra me e loro vi era una paratia con le sbarre che ci divideva e anche infilando un braccio non avrebbero potuto raggiungermi. Mi misi a sedere, infastidito, ancora mezzo addormentato. Chiesi a Alberto quanto mancasse a Livorno, ma non fece in tempo a rispondermi: il pulmino, su una curva non troppo stretta ma ugualmente pericolosa per via dell’asfalto bagnato, sbandò un paio di metri sulla sinistra, nello stesso istante in cui stava sopraggiungendo un’auto dalla parte opposta. L’urto fu inevitabile. Dopo un testa coda finimmo in un fossato, ma nessuno di noi riportò ferite. Io avevo solo sbattuto l’orecchio sul vetro, Alberto era riuscito a reggersi al volante, e gli altri due, non so come, non si fecero assolutamente niente. Quando scendemmo, ci accertammo dei danni subiti. L’auto che ci era venuta addosso aveva colpito la parte sinistra del nostro mezzo, facendo rientrare la carrozzeria di almeno venti centimetri. Il fatto è che io, mentre stavo dormendo, poco prima, sdraiato sul quel sedile a tre posti, avevo la testa poggiata proprio su quel lato, e proprio in quel punto ora c’era una rientranza che, se non mi fossi svegliato all’improvviso, mi avrebbe letteralmente spappolato il cranio. Un caso? E quel tocco sulla spalla? E perché mi sono svegliato tre secondi prima che accadesse l’incidente? Mistero.

Ecco, questa è una strana scheggia della mia vita. Raccontate le vostre.

La serata Jazz del 31 gennaio

I love jazz....jpgBene, è ufficiale: la serata jazz ci sarà il 31 gennaio. Come avevo detto nel post precedente, la nostra cantante, Anna Rubini, si era presa una bella influenza, con conseguente calo di voce, e allora la serata è rimandata al 31. Devo ripeterlo: il locale è il Modì La Nuit, a Livorno, in Via del Litorale 164, sotto all’Hotel Rex. Inizieremo alle 22,30 con il nostro repertorio di standard jazz. “Jazzin’ in Blue Jeans” vi farà passare una bella serata, considerando anche i prezzi alla portata di tutti: 8 euro che includono ingresso e una consumazione. Meglio di così. Spargete la voce, ragazzi, perché la musica dal vivo è sempre più rara, i locali scarseggiano e la gente si rifugia a guardare la ipnotizzante televisione, o magari va a spendere i soldi nei soliti locali da “stuzzichini e birra alla spina e bicchieri di vino”, solo perché sono alla moda. La musica non è moda, la musica deve essere parte della nostra vita, che sia jazz, classica, pop o rock. L’importante è che la gente faccia capire che ascoltare la musica dal vivo è un’esigenza. Sì, perché una cosa è un cd che ascolti attraverso le casse acustiche di un locale, un’altra è vedere i musicisti che sudano e ci mettono l’anima per comunicarvi le emozioni.

Contrordine per la serata del 24…

Ecco fatto! Anna Rubini, la nostra cantante, si è beccata l’influenza, la tracheite, placche alla gola, febbre a 38, e così la serata di sabato 24 gennaio, salta. E’ un peccato, un gran peccato, anche se la colpa è da imputare all’inverno e alle maledette influenze che girano e ti colpiscono quando meno te lo aspetti. E’ un peccato e mi dispiace molto anche per Valerio D’Alelio, colui che si occupa dell’andamento del Modì La Nuit e pregustava già una bella serata jazz. Rimanderemo il concerto, al più presto, forse al sabato successivo, il 31, ma ancora da ufficializzare. E mi scuso con tutti gli amici che erano già pronti a venire a trovarci, e che so che non mancheranno al prossimo concerto. Vi terrò informati.

Serata Jazz a Livorno, il 24 gennaio…

Eccomi tornato, dopo mille vicissitudini tra i tecnici e gli operatori Telecom. Vi risparmio i dettagli e la mia voglia di denunciare l’incapacità professionale incontrata in alcuni di loro, e la nostra totale impotenza nel poter contrastare i loro errori. Una volta si poteva parlare con un responsabile, qualcuno che ci dicesse semplicemente cosa stesse succedendo; ora invece, chiamando il 187, sei costretto a parlare con persone che ti dicono solo “abbiamo segnalato il guasto, ma di più non posso fare”. Bene, dopo un mese è tornato l’Adsl, ma il telefono funziona a metà: chiama ma non riceve. Mah! Misteri Telecom e di Alice Casa. Passiamo ad altro, che poi devo andare a fare visita a tutti i bloggers che mi hanno salutato e ai quali non potevo rispondere. Il 24 gennaio, sabato, alle 22,30, io e il mio gruppo saremo a suonare a Livorno, in un locale davvero molto carino, stile anni 60, accanto all’ingresso dell’Hotel Rex. Si chiama Modì La Nuit, un nome che sa di night club, ma che night club non è. Semmai è un American bar, o Piano bar, come volete voi, che può ospitare un centinaio di persone che vogliono passare una serata all’insegna della musica di Valerio D’Alelio, che tra l’altro gestisce anche il locale ed era il componente di un gruppo di Livorno che si chiamava I Modì, appunto. Modì La Nuit è aperto tutti i giorni, dalle 17; dalle 19 servono aperitivi, la domenica pomeriggio si fa caffetteria e musica, e la sera piano bar. E jazz. Come il 24 gennaio, con il mio gruppo Jazzin’ in Blue Jeans. Inizieremo intorno alle 22,30, come ho già detto, e l’indirizzo è questo: Via del Litorale 164, Antignano, Livorno. I prezzi? Con 8 euro entri e hai un drink. Meglio di così… 

Blackout…

Mi scuso con i miei amici bloggers, ma è dal 12 dicembre che Alice ha smesso di funzionare! Con un modem a 56 k è praticamente un’impresa lavorare. Allora, non appena mi avranno ripristinato l’Adsl, verrò a trovarvi e a lasciare i miei auguri. Certo che la Telecom non si sta facendo una grande pubblicità ultimamente! Intanto vi mando i miei auguri veloci da qui, in attesa che i tecnici facciano il loro lavoro.

Tutti i genitori alzino la mano…

Ecco, bravi, vedo che siete in tanti. Alcuni hanno figli piccoli, altri sono alle prese con gli adolescenti, altri ancora con figli alle soglie dei vent’anni e più. Nascono, li vezzeggiamo, li viziamo. Loro dipendono da te in tutto e per tutto: se cadono e si fanno male corrono da te, vogliono essere tranquillizzati, curati; se un brutto sogno si è affacciato durante la notte nelle loro menti incontaminate e ancora tutte da riempire, tu li accarezzi e dici che è stato solo un sogno, che la mamma – o il babbo – sono lì a far capire che la realtà è quella di vedere la sua stanza colorata, con un bel bicchiere di latte caldo sopra al tavolo della cucina, pronto per farci cadere dentro i rassicuranti pandistelle. I primi anni dei nostri figli ti regalano il loro amore incondizionato, si fidano solo di te, ti saltano in braccio quando arrivano da scuola, ti mostrano orgogliosi i loro disegni, i bei voti. La notte a volte s’infilano nel tuo letto, e tu li coccoli, e senti il loro respiro mentre si addormentano, e senti il calore dei loro corpicini esili e indifesi. Poi gli anni passano, iniziano ad avere una personalità ben precisa, tentano di opporsi alle regole, alla disciplina. E tu spesso lasci fare. Per amore lasci fare, un po’ tutto, un po’ troppo, e li vizi, come tutti i genitori di questo mondo. Ma quando hanno quattordici anni è ancora presto per combattere contro di loro, sanno aspettare, verrà il momento in cui ti diranno: hai sbagliato. Già, te lo diranno quando avranno “l’età della ragione”, la maggiore età. Si sentono forti, indipendenti. Hai sbagliato. Ti ripeteranno mille volte che hai sbagliato. Allora cerchi di capire che cosa hai sbagliato, e magari riesci anche a rendertene conto, ma è tardi, hai sbagliato e basta. Quello che hai fatto di buono è normale, scontato. Fino ad allora hai dato loro novecentonovantotto cose buone, ma quelle due che avanzano te le fanno scontare. E il nostro amore per loro sarà eterno. Sempre.

Rodomonte

kaya.jpgE’ doveroso fare un po’ di pubblicità ad un ristorante che da martedì 2 dicembre 2008 aprirà i battenti. “Rodomonte” è il nome, in onore del nonno dei miei nipoti che aprì questa attività a Gabbro, in provincia di Livorno, nel lontano 1910. Gianluca e Nicola, figli di mia sorella, due ragazzi che ci sanno fare, che hanno voglia di concretizzare cose semplici e buone. E io, da zio, faccio loro tutti i miei possibili e immaginabili in bocca al lupo, sperando che la gente apprezzi la loro cucina che sa di genuino, senza fronzoli. E questo post glielo dedico volentieri, sicuro che anche i miei amici bloggers che magari vivono nei pressi di Livorno vadano a vedere se dico la verità o no. Vi chiederete perché il gatto nella foto: è Kaya, la loro gattina, guardiana e fedele.

Perché noi bloggers?

L'albero della vita.JPG 

Sì, perché i blog? Perché scriviamo post e aspettiamo risposte dai bloggers che gravitano attorno a noi? Me lo chiedo perché le ragioni possono essere tante, ma ancora non ho scoperto quale sia la principale. Da qualche anno si comunica in modo diverso, e forse io ancora non sono entrato completamente in questo modo moderno di dirci le cose, di esternare sofferenze e gioie. Mi piace il contatto fisico, le espressioni dei visi e i diversi toni della voce, preferisco di gran lunga vedere e toccare e odorare piuttosto che comunicare virtualmente; in ogni caso neanche il mondo dei bloggers mi dispiace. E cosa mi spinge a scrivere post? Solitudine? Voglia di conoscere altra gente? Piacere virtuale? Forse un po’ di tutto questo. Ma non ne sono sicuro. Eppure vedo solo i nomi o nick names che si affacciano sul fondo dei commenti, qualche volta scopro le vere facce nelle foto di chi si è costruito un blog, altre volte ancora rimango con un’immagine in testa che mi sono “fotografato” con la fantasia e invece magari quella persona è del tutto diversa. Ma non importa. Devo essere sincero: avevo aperto questo blog perché, in quanto scrittore, pensavo di fare un po’ di pubblicità ai miei libri. Poi, man mano, mi sono accorto che il mio blog era diventato un mezzo per avere anche amici; virtuali, sì, ma comunque in qualche modo amici. Potrei dire… ma perché ti fai questa domanda? Se comunque hai scoperto che avere anche “amici virtuali” ti piace, perché vuoi sapere perché ti piace? Perché sono curioso. Perché i cerchi della vita che s’intrecciano tra loro hanno una ragione di esistere e di intrecciarsi, e io voglio sapere perché. E questi cerchi della vita, l’albero della vita in realtà, che io stesso ho dipinto a olio, ve li mostro, così che possiate osservarli e avere una risposta. Casomai qualcuno voglia avere una risposta.

Per soli uomini…

Trattala bene la tua donna. Ricordati che quel giorno, lontano, quando l’hai incontrata, hai pensato che lei sarebbe stata quella che ti avrebbe accompagnato per tutta la vita. E lei ha pensato la stessa cosa di te. Odori che si mischiano, mani che s’intrecciano, sguardi che sprofondano negli occhi l’uno dell’altra. Trattala bene la tua donna. Quando torni a casa la sera non ti abbandonare sul divano di fronte a quella cazzo di televisione; lo so, sei stanco, ma anche lei lo è, e allora dalle una mano in cucina, condividi con lei le piccole cose che hai intorno. Non ti abituare a quello che hai, e soprattutto non ti abituare alla tua donna. Sai, amico mio, le donne non sono strane o zoccole come pensiamo: siamo noi che a un certo punto le trascuriamo, che le trattiamo come se fossero quel ninnolo laggiù sul ripiano della libreria o quella sedia relegata in un angolo del salone. Se la trascuri, lei ti ripaga con una moneta che ha una faccia sola: il tradimento. Però lo sai che spesso è colpa nostra, perché la sera, dopo cena, l’angolo dell’uomo è la televisione, lo sport, le partite di calcio di serie A, B, C, la formula uno, il tennis. E lei non lo da a vedere; si mette là, o di là, legge, o stira, o fa la lavatrice. E cova. Cova inconsapevolmente. Poi un giorno ti ritrovi che l’hai persa, che un altro te l’ha fregata. Ti chiedi perché. Fai il conto delle ore libere che le hai dedicato. Poche, pochissime. Trattala bene la tua donna, perché se la perdi poi farai una fatica del diavolo a riconquistarla. Ma non disperare, puoi farcela lo stesso, ma la pagherai ad un prezzo spropositato. E allora ti renderai conto che quel giorno, lontano, quegli sguardi, quegli odori, quegli intrecci di mano sembrano di ieri. Trattala bene la tua donna, perché se lei decide di non tornare ti dannerai l’anima per tutta la vita.