Sergio Consani

Caro Babbo Natale…

Questo disegno del mio amico fumettista Luciano Bernasconi mi dà lo spunto per una letterina.

Caro Babbo Natale…

No, è troppo scontato iniziare così. E poi perché caro? Caro lo dico a un mio amico, a qualcuno che mi sta a cuore.

Bene, allora iniziamo con… Babbo Natale!

Brutto così. Forse meglio iniziare con un semplice “caro Natale”. Natale? No, Natale è anche un nome proprio, c’è pure il mio macellaio che si chiama così.

E allora… Babbo! Macché babbo! Di babbo ce n’ho uno solo! Mmh… sarà vero?

Via su, torniamo al vecchio “caro babbo Natale” e non se ne parla più.

Caro Babbo Natale, sei diventato un personaggio famoso da tempo immemore, così famoso che ormai tutti non possono fare a meno di te.

Il bello è che sei diventato famoso e lavori un giorno all’anno. Durante gli altri 364 giorni non fai una sega dalla mattina alla sera, abbeverando le tue renne e al massimo dando loro un po’ di mangime! È bene dirlo! È bene dirlo perché tutti gli altri lavorano quasi tutto l’anno e non sono neanche famosi. Vedi com’è ingiusto il mondo?

E poi parliamoci chiaro, già le tue origini sono discordanti; pare che il tuo nome derivi da un personaggio storico, un vescovo, un certo San Nicola di Mira, turco. Mah! E questo vescovo, per far sì che tutti conoscessero il cristianesimo, mandava i suoi parroci vestiti con abiti rossi e simili a quelli vescovili nelle case per portare la parola di Dio. E ci andavano con un sacco pieno di regali per i bambini. Brutti ruffiani!

Il bello è che anche loro avevano una slitta, che però, contrariamente a te che ti sei modernizzato con le renne, era trainata da dei cani.

Poi, la leggenda di San Nicola ha dato spunto agli olandesi per fare una grande festa, dal cui nome è derivato l’altro che hai tu: Santa Claus.

Deciditi… come ti dobbiamo chiamare? Così ci confondi, confondi i bambini, confondi i vecchi, confondi chi è indeciso.

E poi, scusa… ma dov’è che abiti? Gli americani dicono che abiti al Polo Nord, i canadesi che abiti nel nord del loro paese, i finlandesi in Lapponia, i norvegesi a Drobak – dove sembra tu abbia addirittura il tuo ufficio postale –, alcuni dicono in Svezia, altri in Groenlandia.

Vedi? Non te l’aspettavi tutte queste informazioni su di te, eh? Ma sai, è stato facile, oggi con… Wikipedia si sa tutto.

Hai troppe case, Babbo Natale, e non paghi nemmeno l’ici. Tu sei uno di quelli che si fa grande perché ci porti un po’ di regali, ma in realtà i bambini, quelli piccoli, non sanno ancora che i regali li paghiamo noi. E che regali! Ormai non basta più un libro di fiabe, un maglioncino di lana o una bambola di pezza: oggi ci vuole la play-station, il computer, il cellulare ultima generazione. Eh, sì, perché i bambini non sono più quelli di una volta, sono cambiati anche loro, sono più svegli, magari più intelligenti no, ma più svegli e pretenziosi sì. E glielo abbiamo insegnato noi a pretendere, perché ormai la parola “no” pare non esista più nel vocabolario di noi genitori. Ma così va il mondo.

Cosa posso chiederti quest’anno che non sia retorico e scontato?

Lo scorso anno, tanto per non uscire dalla retorica, ti avevo chiesto… la pace nel mondo, niente più guerre, un po’ di… solidarietà per Berlusconi, ti avevo detto di proteggere i bambini dal freddo, dalla fame e dalle malattie, una pensione… più sostanziosa per i parlamentari, un po’ di coraggio per Bersani, una faccia nuova per Gasparri, un paio di labbra vere per la Santanché, una bandiera rossa per D’Alema, una bella donna come quella disegnata, un po’ di felicità e soldi per me. E di riavere mia figlia. E tu non hai fatto niente di tutto questo. E neanche gli altri anni mi hai ascoltato.

E allora cosa ti chiedo quest’anno se poi non mi ascolti e dopo qualche ora ritorni in Lapponia… no, a Drobak… no, in Groenlandia… no… insomma, torna un po’ dove ti pare! Eh? Cosa posso chiederti?

Sì, una cosa ce l’avrei.

Un po’ di rispetto. Sì, solo un po’ di rispetto, perché la tua apparizione fugace non basta, non si può essere buoni solo una volta l’anno, non si può fare una tregua di guerra solo in quelle ore alzando il calice da una trincea e mostrarlo al nemico che mostra la sua di coppa e si chiede… ma perché devo ammazzare quello là che mi fa un brindisi?

Rispetto. Perché se tu fossi qui tutti i giorni, forse la gente sarebbe migliore, capirebbe che questo spirito natalizio imbiancato dalla neve e alleggerito dalle note di Jingle Bell dovrebbe essere eterno, indistruttibile.

Se ci lasci soli per 364 giorni, la gente, l’indomani, già a Santo Stefano, non sa più neanche chi sei, perché tu hai già preso la tua slitta, volando alto, lassù verso le stelle, guardando di sotto e sussurrando… “vi voglio bene, ma vi vado in…”

Va bene, va bene, noi abbiamo bisogno di rispetto, e in fondo un po’ te ne freghi.

Ma il problema è che, nonostante ti vediamo una sola volta l’anno, nonostante i rimproveri che ti abbia fatto, nonostante ci abbandoni sempre al nostro destino, non posso non ammettere di volerti bene. Chissà, forse è un trauma infantile, ma non posso smettere di sperare, come ogni anno, che ascolti le mie richieste e che un giorno le accoglierai davvero. Ed è per questo che non posso fare a meno di dire… grazie lo stesso Babbo Natale, se non ci sei riuscito, ci riuscirai la prossima volta.

 

Caro Babbo Natale…ultima modifica: 2010-12-23T12:22:00+01:00da
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