Sergio Consani

Destino

Il cane schizzò fuori dal lato della strada. Rocco lo vide e schiacciò il pedale del freno con tutta la forza che aveva. Vide il cane fermarsi, terrorizzato, proprio davanti al muso della macchina per poi sparire alla sua vista. Poi un tonfo sordo e forte. Rimase stordito per alcuni secondi, senza rendersi subito conto che quel rumore non poteva averlo provocato il cane urtando la parte anteriore della sua Pegeout. Si massaggiò il collo con la mano destra, poi realizzò che la sua frenata brusca non aveva dato il tempo a chi lo seguiva di fermarsi. Qualcuno lo aveva tamponato. Slacciò la cintura di sicurezza e prima di aprire la portiera lanciò uno sguardo davanti, ma oltre il cofano vedeva solo la strada bagnata e nessuna traccia del cane; poi si voltò per vedere, attraverso il lunotto posteriore, chi lo avesse tamponato. Un’auto, chiara, non troppo grande, di cui non si distingueva il colore né chi vi fosse all’interno era appiccicata come un francobollo alla parte posteriore della sua Pegeout.

Aprì la portiera continuando a massaggiarsi il collo che gli doleva, scese, e una ventata fredda lo scosse, facendolo tornare lucido all’improvviso. Vide che all’interno dell’utilitaria c’era una donna, che però non si decideva a scendere. Pensò che si fosse fatta male, o che fosse svenuta. Voleva vedere che fine avesse fatto il cane, ma decise che in quel momento era più giusto sincerarsi delle condizioni della donna. Fece due passi verso la piccola auto che ora vedeva bene, una Ford che le luci fioche della strada ne alteravano il colore. Sembrava fucsia, no, forse rosa, o celeste chiaro. Notò che la donna stava armeggiando per slacciare la cintura di sicurezza, si avvicinò fino a portarsi all’altezza del finestrino laterale dalla parte della guida. Era una ragazza, o meglio, una giovane donna, sui trent’anni, o forse più, con i capelli biondi corti e un po’ spettinati. Indossava abiti scuri e di lei vedeva solo il profilo: un naso regolare e le labbra carnose. Rocco battè leggermente con le nocche sul finestrino, un paio di volte, come a farle notare che lui era lì e che tutto andava bene. La ragazza si voltò verso di lui e, sebbene la luce fosse scarsa, la luminosità di quegli occhi avrebbe potuto sfidare le tenebre più profonde. Non riusciva a distinguerne il colore, ma poco importava se fossero verdi, o blu o castani: era quel luccichio intenso che passava il muro di tutti i colori dell’arcobaleno che gli aveva afferrato l’anima. E non c’era più via di ritorno.

Destinoultima modifica: 2009-12-08T18:10:00+01:00da
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