Sergio Consani

I poveri e la tecnologia

Sono un uomo tollerante, quasi sempre. Non sono razzista né vorrei che tutta quella povera gente che arriva dall’Africa con quei barconi mezzi sgangherati venissero respinti. Sono multietnico come la mia città, qualche volta compro fazzolettini o accendini dai senegalesi o do qualche spicciolo a chi me lo chiede. Non faccio distinzione fra un rom o un marocchino: sono tutti uguali. Uguali a me e a te. Però… c’è un però. Ieri passo davanti al supermercato che ho sotto casa, e lì, seduta sullo scalino della porta d’ingresso, c’era una rom che chiedeva l’elemosina, con la sua scatolina di cartone con qualche spicciolo dentro. Ma, indifferente alla gente che passava e che la guardava, lei era presa da un’animata discussione con il suo interlocutore. Al cellulare. Poveri moderni? Rom moderni e tecnolocizzati? Non ci sto. Perché se sei povero non ti puoi permettere il cellulare, e io non sono “in dovere” di farti l’elemosina per pagarti la scheda. Semmai ti do i soldi per un panino. Ma questa purtroppo è la differenza tra un rom (non tutti, ovvio) e un senegalese: il primo è spesso strafottente e non si vergogna né di parlare al cellulare di fronte a te o andare in giro con macchinoni di gran marca, mentre il secondo se non altro ti vende qualcosa, cercando di non perdere quella millenaria dignità africana legata ai grandi spazi e al tempo senza limiti.

I poveri e la tecnologiaultima modifica: 2009-06-06T12:41:59+02:00da
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