Sergio Consani

Qualcosa da raccontare…

È un invito che vi faccio, quello di raccontare qui nel mio blog, alcuni stralci della vostra vita, qualcosa di spettacolare, di fantastico, di incredibilmente gioioso o triste. Un aneddoto, un pezzetto di voi legato al caso, al non-caso, una scheggia di memoria. Ne avrei diverse da raccontare, e in questo momento me ne viene in mente una, di quando ero ragazzo, diciassettenne, e suonavo in un gruppo che si chiamava I Pionieri. Tornavamo da Viareggio, direzione Livorno. L’unico dei ragazzi che aveva la patente era il chitarrista, Alberto, ed era lui a guidare il nostro pulmino, un mitico Fiat 238, carico di strumenti. Erano le tre del mattino, pioveva, e Alberto era un buon guidatore, sì, ma forse mancava di esperienza, di quel colpo d’occhio che solo chi ha macinato un po’ di chilometri ha. E poi eravamo stanchi, esausti dopo una serata trascorsa a suonare in un locale della Versilia, la Capannina, mi pare. Accanto ad Alberto, sul sedile anteriore, c’erano il bassista e il pianista, anche loro mezzi addormentati. Io ero nei sedili posteriori, sdraiato, abbastanza scomodamente, ma riuscivo a dormire meglio degli altri due davanti. Ero davvero immerso nel sonno. All’improvviso sento qualcosa sulla spalla, come se qualcuno mi ci avesse poggiato per un attimo la mano, per scuotermi e svegliarmi. Ma non potevano essere i ragazzi, perché tra me e loro vi era una paratia con le sbarre che ci divideva e anche infilando un braccio non avrebbero potuto raggiungermi. Mi misi a sedere, infastidito, ancora mezzo addormentato. Chiesi a Alberto quanto mancasse a Livorno, ma non fece in tempo a rispondermi: il pulmino, su una curva non troppo stretta ma ugualmente pericolosa per via dell’asfalto bagnato, sbandò un paio di metri sulla sinistra, nello stesso istante in cui stava sopraggiungendo un’auto dalla parte opposta. L’urto fu inevitabile. Dopo un testa coda finimmo in un fossato, ma nessuno di noi riportò ferite. Io avevo solo sbattuto l’orecchio sul vetro, Alberto era riuscito a reggersi al volante, e gli altri due, non so come, non si fecero assolutamente niente. Quando scendemmo, ci accertammo dei danni subiti. L’auto che ci era venuta addosso aveva colpito la parte sinistra del nostro mezzo, facendo rientrare la carrozzeria di almeno venti centimetri. Il fatto è che io, mentre stavo dormendo, poco prima, sdraiato sul quel sedile a tre posti, avevo la testa poggiata proprio su quel lato, e proprio in quel punto ora c’era una rientranza che, se non mi fossi svegliato all’improvviso, mi avrebbe letteralmente spappolato il cranio. Un caso? E quel tocco sulla spalla? E perché mi sono svegliato tre secondi prima che accadesse l’incidente? Mistero.

Ecco, questa è una strana scheggia della mia vita. Raccontate le vostre.

Qualcosa da raccontare…ultima modifica: 2009-01-26T16:32:09+01:00da
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