Sergio Consani

Il burqa da corsa

Forse è l’occhio degli occidentali, ormai abituato alle cosce e alle tette delle veline e delle attrici, o alle chiappe che passano sugli schermi come se fossero gabbiani di passaggio ai quali nessuno presta ormai non più di tanta attenzione; in ogni caso vedere la campionessa d’Asia dei 200 metri correre con “il burqa da corsa” mi ha, potrei dire, rattristato. Non certo perché di Roqaya al-Gassra non sono riuscito a vedere neanche un centimetro quadrato della sua pelle (ad eccezione di quella del viso): con le altre belle, eleganti, muscolose e armoniose atlete potevamo senz’altro rifarci gli occhi. Mi ha disturbato ancora una volta vedere qualcosa di diverso, di molto diverso, di tristemente diverso. Non mi venite a parlare di religione, per favore: molte religioni sono state la rovina delle menti umane, e questa è storia, non lo dico certo io. E l’uomo, cioè il maschio, ha sempre avuto il sopravvento sulla donna, e della donna ha sempre fatto quel che voleva. Non fatemi fare esempi, ci staremmo fino a domani. E’ ancora dura a morire l’infibulazione o l’excissione in certi Paesi africani, o il volto coperto completamente dal burqa. Basta solo questo. Rispetto le culture, perché ho girato mezzo mondo e so che non c’è niente di peggio che criticare gli usi e costumi di popoli lontani fisicamente e culturalmente da noi, e rispetto quindi anche le loro religioni. Ma se certi usi e costumi o tradizioni toccano la dignità o la libertà di un essere umano, allora mi ribello. Mi ricordo che alcuni anni fa la ex-modella somala Waris Dirie iniziò una campagna contro l’infibulazione e l’excissione, cioè il taglio netto del clitoride. Se l’era inventato l’uomo questo bel modo di “difendersi” dalla donna, semplicemente togliendole il piacere. Lo imponeva la loro religione. Indignatevi.

Il burqa da corsaultima modifica: 2008-08-20T16:46:04+02:00da
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