Caro assessore…

Caro assessore alla cultura (minuscolo) di Livorno, Massimo Guantini, quante volte ci siamo visti io e lei? Tre o quattro, mi pare. Ci siamo anche incontrati alla Fortezza Vecchia per una manifestazione, e poi anche in Via dei Bottini dell’Olio per una mostra, insomma, ci siamo visti e parlati, salutati. E quante cose le avevo proposto quando sono venuto nel suo ufficio? Tante. Le avevo dato anche un mio romanzo, “L’odore di un’immagine, due anni fa, invitandola a venire alla presentazione e parlarne insieme a me. Il caso ha voluto che lei quel giorno stesse partendo per le vacanze. D’accordo, può capitare. Però quel libro poi non l’ha letto (a meno che non l’abbia letto adesso, ma ne dubito). Eppure la vedo dappertutto, ad ogni presentazione di un libro, una manifestazione, una mostra, e lì c’è sempre Telegranducato a riprenderla, così che poi i nostri livornesi la vedono in Tv. La sua faccia è nota, sta dappertutto, quando guardo qualche trasmissione nella nostra emittente privata lei non manca mai. Lo dica: le piace molto apparire, sempre ben rasato, con quella faccetta da cockerino che sembra l’abbiano appena bastonato, sempre ben vestito, sempre attento a misurare le parole quando lo intervistano. Eppure ogni volta che venivo da lei con una proposta (inerente al mio lavoro di scrittore, naturalmente) e le dicevo che questa o quell’altra cosa poteva essere interessante, lei mi rispondeva che sì, era molto interessante, ma sa… i fondi, non ci sono fondi. Non c’è mai una lira, anzi, un centesimo in quel cazzo di Comune, in quell’assessorato alla cultura. Una volta mi disse, a proposito di un mio progetto, che avevate a disposizione circa trecento euro. Dico, trecento euro! Una cosa vergognosa. Lei lo sa, caro Guantini, che i soldi lì dentro girano, ma poi non si sa mai in quale tasche vanno a finire, e allora chi ce la fa a realizzare un piccolo o medio o grande progetto, fa una fatica assurda. E non solo: domande, scartoffie, bolli. Insomma, una burocrazia soffocante. Speriamo che riesca a leggere questo blog, caro Guantini.

Caro assessore…ultima modifica: 2008-01-06T11:31:38+01:00da sergio0591
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Commenti

Caro assessore… — 5 commenti

  1. mi ricorda qualcosa questo tuo post,quando ho fatto la presentazione del mio libro nella biblioteca comunale del paese,l’assessore alla cultura quando gli stavo regalando il libro mi disse che lui non leggeva mai,la sua sincerità mi rivelava lo squallore di una politica inutile che danneggia ogni settore,dall’arte allo sport e via discorendo,a grazie per la tua visita al mio blog,saluti nunzio.puglisi.

  2. Cara Antonella, scrivo da sempre, o perlomeno, anche se a scuola ero un vero disastro, ho sempre amato scrivere, anche alle Elementari dove componevo temi un po’ a modo mio, personali, troppo personali per un maestro rigido, serio come lo era il mio tanti anni fa. Sì, perché avendo ora 57 anni sono passati poco meno di cinquant’anni. Un disastro la scuola, dicevo… eh, sì, perché i nostri prof, anche alle superiori, non comunicavano con noi, spiegavano le lezioni, interrogavano e, ricordo quello di storia, era fissato con le date. E io beccavo due. Certo, a me piaceva discutere, approfondire. Va be’, niente da fare. Poi però, a sedici anni ho scoperto la musica, la batteria, e non l’ho mai lasciata. O meglio, adesso la suono un po’ meno, io e una mia amica cantante livornese, Annamaria Andreini, stiamo cercando disperatamente un contrabbassista per suonare jazz, ma non si trova. Ho suonato per anni, ho girato l’America, poi in Italia la mia batteria ha lasciato le sue tracce nelle colonne sonore di Ennio Morricone, Nicola Piovani, Luis Bacalov e decine di altri. E poi, negli anni 80 una bella esperienza con i Pandemonium, ho conosciuto geni come Dalla, Baglioni, Venditti, De Gregori, tutta gente che, come noi Pandemonium, faceva parte dell’Rca. Intanto scrivevo, e una decina di anni fa l’ho presa davvero sul serio. Mi butto, inizio: faccio una sceneggiatura per una produzione di Pupi Avati, il film era “La prima volta”. Poi scrivo sit-com e una soap-opera ancora per gli Avati, poi il mio primo libro, “Vuoi tu prenderla in sposa…” ecc. Poi il secondo, “L’odore di un’immagine”, e ora il terzo, “La figlia della Notte”, sul quale punto molto. Quanti libri si vendono? Dio… sarà meglio non parlare di cifre o mi metto a piangere. Però, e di questo mi vanto, non sono uno che va in giro a cercarsi le amicizie “che contano”, o perlomeno con loro non sono mai ruffiano, anzi, quando uno mi sta sulle palle, fosse anche il Presidente della Repubblica, glielo dico. Ma essere sinceri a volte ti massacra. Faccio o cerco di fare con le mie forze, so di avere un discreto talento e, Camilleri insegna, non ci sono limiti di età per dimostrare quanto vali. A tutti dico sempre: prima o poi, se hai i numeri, ti scoprono. Costanza, pazienza, grinta, determinazione. Ma è durissima, soprattutto per uno come me che amerebbe avere una segretaria che si occupasse delle public relation e io me ne sto qui a scrivere, giorno e notte.

  3. Da quanto tempo scrivi Sergio? Da quanto tempo sei dietro la burocrazia che strozza la cultura (quella nuova) e ingozza le fauci dei pochi nobili eletti? Nel nostro campo si sa, se non sei un prof. affermato o figlio di prof. fatichi il doppio il triplo per avere visibilità.

    E’ come nello sport, o sei un fuoriclasse e qui nulla di dire (fai una cosa benissimo ne metti a segno altre due o tre e poi campi di rendita per un pò..) oppure “devi portare a cena un sacco di persone che contano, che girano nello stesso giro.. ma nulla a che vedere con la cultura!
    Vai avanti com’è giusto che sia, forse sarai tu l’eletto quando meno te lo aspetterai o forse avrai lanciato dal tuo arco frecce nuove ma saranno comunque tracce.. nel tuo ammirevole cammino su questa terra.
    Ti stimo
    Antonella