Una bella lettera…

Ecco, il post di oggi lo apro con una bella lettera di Sandra:

Da grande farò la scrittrice, ormai ho la certezza. Ho scritto sempre, da quando ero piccolissima, scrivevo parole strane, frasi sconnesse, incomprensibili. Ero talmente convinta di fare la scrittrice che alle scuole superiori ho pianto una volta sola: per un due e mezzo in un compito di italiano, un tema sulle emozioni che provavo ascoltando la musica. La musica, scrissi, mi dava un piacere immenso, come forse quando fai l’amore anche se indicai che potevo solo immaginarlo: avevo solo 16 anni e non avevo ancora dato neanche un bacio. Paragonai la musica e le parole delle canzoni di Renato Zero a un godimento lento. Lento e infinito.
La professoressa, conservatrice e conformista, appena letto il voto con una voce stridente e soddisfatta lesse anche il tema in classe. I compagni ridevano come pazzi, io volevo solo sprofondare. Mi dette due e mezzo e non due: il mezzo punto in più, gracchiò, era per la mia verginità.
Eppure il mio tema era bellissimo, lo ricordo bene, e non mi arresi.
Potevo da quell’umiliante esperienza volgermi altrove, fare altre cose, impegnarmi nella schifosissima matematica attuariale, nell’analisi matematica o nella stenodattilografia. Ho continuato a scrivere, sempre.
I miei sogni, i miei pensieri, i miei pezzi di parole sono dappertutto, sparse nelle tasche, nei libri, penzolano dalle riviste, sbucano dalle mille borse che ho. A volte mi prometto di riscriverli, di sistemarli un po’, di metterli in ordine. E rimando sempre perché io so dove stanno, ho la mia mappa segreta.
Il mio sogno più grande quindi è, come per tutti coloro che scrivono, pubblicare un romanzo. E so che ce la farò.
So che ho molto, tutto, da imparare e per questo nel marzo scorso ho iniziato un corso.
Eccomi, sono un’allieva di Sergio Consani del primo corso di scrittura creativa che ha tenuto a Livorno. Su dodici lezioni neanche un’assenza. Mi sentivo un’apprendista scrittrice, è stato emozionante. Le domande che venivano fuori erano svariate, difficilissime come “Come si affronta la pagina bianca?” fino alle più banali come “Cosa si prova quando ti pubblicano un libro?” che poi non è molto banale no?
E comunque sia quando ti avvicini al mondo della scrittura hai un sacco di domande, dubbi, curiosità.
Vi posso dire che è il posto giusto per imparare molte cose e questo corso mi ha portato, oltre a far danzare meglio le parole sul foglio bianco, a conoscere persone con la mia stessa passione.
Concludo questo messaggio pubblicitario al corso, che naturalmente mi è stato commissionato dietro lauto e sostanzioso compenso dal Sig. Consani, dicendo che è stato tutto molto coinvolgente, a parte il luogo dove si svolgeva, che sarebbe stato più adatto come location di un film di Stephen King. Quest’anno, tranquilli, il posto è molto più carino, in centro, nella città di Livorno… anche se so per certo che in quel palazzo di fine 1800 circola un fantasma… e io so anche il suo nome.
Ciao a tutti e se Sergio Consani mi vuole sarò felice di partecipare alle sue vivaci lezioni. Sandra.

Nuovo corso di scrittura

Voglio avvertire tutti gli interessati che venerdì 11 gennaio, alle ore 21, presso la SVS in Via San Giovanni 30, a Livorno, ci sarà una riunione per parlare del nuovo corso di scrittura creativa che terrò personalmente per due mesi. Naturalmente questo primo incontro è aperto a tutti, così che potrò informare dettagliatamente le persone e spiegare tutto ciò che faremo durante le lezioni. Una lezione a settimana, di venerdì, dalle 21 alle 23. Il corso è per tutti coloro che amano scrivere, che vogliono mettere alla prova la loro creatività. Si parlerà di racconti, romanzi, sceneggiature, fumetti. E non abbiano paura coloro che credono di non essere all’altezza: il corso non serve solo per diventare scrittori, ma anche per creare qualcosa per noi stessi, lasciar cadere i nostri pudori e sentirci un po’ meglio dopo aver scritto qualcosa che ci piace veramente, usando anche un po’ di tecnica che non guasta mai. Vi terrò informati anche sul blog di questo corso, e se volete in questo stesso blog delucidazioni, basta che me lo chiediate.

Sul 2008

Vi invito a lasciare un commento su questo 2008 che verrà, ma siate duri, rivoluzionari, arroganti, presuntuosi. Il primo che dice “feliceannonuovo” lo elimino dal blog!

Qualcuno il Natale l’ha passato così…

TONNO E FAGIOLI 

La notte è stata dura, forse delle sette ore che avevi a disposizione per dormire, a conti fatti ne avrai utilizzate tre per dare al tuo corpo un riposo di cui aveva bisogno. E la mattina, stamattina, sarà ancora più dura. Sai, non so se ti è mai capitato, nella tua vita più o meno movimentata e avventurosa di passare attraverso periodi in cui non avevi neanche un soldo in tasca, non sapevi come fare a pagare l’affitto, la luce, il gas e tutte le stronzate – per di più utili e indispensabili – che devi pagare per sopravvivere. Fatto sta che se la mattina ti svegli, hai tre sigarette in tasca, pochi spiccioli, l’ultimo cucchiaino di caffè nel barattolo e davanti a te hai solo una scatola di fagioli e una di tonno da settantacinque grammi – olio compreso -, allora ti assale una vampata di calore che nasce dal profondo e sale, sale violentemente fino alle tempie, ti fa chiudere gli occhi, stringere le labbra e poi espirare lentamente, come se quell’aria che butti fuori fosse tutta la merda e tutte le negatività che hai accumulato e assimilato e che vorresti, in un colpo solo, allontanare. Ma quando riapri gli occhi la scatoletta di tonno e quella di fagioli sono ancora lì davanti a te, tristi, fredde, sole, sole come ti senti tu in quel momento. Sono convinto che queste scatolette le hanno inventate proprio per quelli che nei momenti di difficoltà non possono che arrendersi all’evidenza: questo c’è e questo ti mangi. Mio padre mi diceva sempre: quando ti trovi in difficoltà e stai per annegare, non disperare, c’è sempre qualche angelo che ti tira su per i capelli. In fondo è così, perché nei momenti di estrema difficoltà ti sembra di essere stato catapultato nello spazio, lontano, nel silenzio e nella solitudine; poi succede sempre qualcosa che rimette nel piatto una bella fetta di carne di manzo e delle patatine fritte. Ti vedo, tonno, vi guardo, fagioli. State per finire nel mio stomaco, la vostra parte da protagonisti l’avete fatta. Fino ad ora, nascosti in mezzo ad altre scatolette, pacchi di pasta, caffè, zucchero, biscotti non potevate mostrarvi a me come primattori, come stelle di Hollywood. Stavate lì, in attesa del vostro momento, un po’ stanchi di fare le comparse che nessuno mai nota, stanchi dell’anonimato, surclassati da cibi più gustosi e appetitosi. Oggi siete sotto i riflettori, è giusto, godete del mio sguardo avido, dell’importanza che vi do. La scatoletta del tonno brilla alla luce della lampada, gira su se stessa, balla il flamenco, suona lo scacciapensieri, mima lo stendere delle reti da pesca, imita il rumore del mare, mi guarda e mi sorride, mi stuzzica, mi provoca. La scatoletta dei fagioli è più seria, non balla, non canta, non provoca. E’ un alimento da poveri, si muove appena, mi sorride, mi invita a mangiare, sospira, socchiude gli occhi, un po’ triste. Addio, vi mangio, grazie di esistere. Cantate, ballate, ridete, ci rivedremo da qualche parte, sento il vostro sapore, mi piace, è buono. Getto le scatolette vuote nella pattumiera. Un rumore metallico, un grido. Poi di nuovo il silenzio.


Ma cosa cerchi dal Natale? Cosa cerchi?

Ecco, è sera, la sera del 25 dicembre. Oggi tutti, più o meno, si sono tuffati nel brodo di cappone, nei tagliolini agli scampi, polli arrosto, salmone, maionese, torroni, panettoni, noci, noccioline, mascarpone, vino, spumante, caffè e ammazzacaffè. I regali sono già stati scartati ieri sera, dopo aver gozzovigliato in mezzo a… vedi sopra. Un tripudio di carni e di pesci, di carta colorata e fiocchi e scatole e sorrisi e ringraziamenti e baci. I bambini hanno i loro giochi, i mariti i loro maglioni, le mogli i loro anelli o orologi, i suoceri e i cognati le solite stronzate che si regalano ogni anno, anche perché non si sa mai cosa comprare loro. Bene. Casa è di nuovo piena di giocattoli, ma talmente tanti sommati a quelli degli anni precedenti che un po’ la cosa mi rattrista; non perché io quando ero piccolo ne abbia avuti ben pochi, ma per il fatto che oggi i genitori (lo sono anch’io, eh) viziano talmente tanto i figli che un giorno, quando saranno grandi, penseranno che tutto gli sarà dovuto. E poi si fanno tanti regali per compensare l’affetto che non gli si può dare perché non abbiamo tempo, perché il lavoro ci assorbe, perché non si può dire di no al capo, o ad un cliente o a chicchessia. Ma cosa cerchiamo dal Natale? Niente, proprio niente. Chi ha la fortuna di credere in Dio, allora sa che è una festa da rispettare e da celebrare; chi crede meno o per niente il Natale è solo il giorno in cui si mangia tutto ciò che è stato pensato nei giorni addietro. E si fanno regali. E basta.

Fare gli auguri…

Sì, anche se a quest’ora – le 19.00 – nessuno è qui a navigare su Internet e tantomeno sul mio blog, gli auguri ve li faccio lo stesso. Parole un po’ speciali, augurandovi, come dice una poesia indiana, “soltanto quello che i più non hanno” e soprattutto “di avere tempo per la vita”. C’è chi passerà un Natale in allegria, chi vedrà sorridere i propri figli, chi sarà circondato da affetto e amore. Ma ricordiamoci – senza fare retorica – anche di tutti quelli che in questo momento sono nel letto di un ospedale, o della gente che vive in quei Paesi dove solo un bicchiere d’acqua ha più valore dell’oro, e ricordiamoci di chi non ha neanche un pezzo di pane. E dopo Natale pensate a quanto avete mangiato e quante cose avete buttato via, e quanti regali inutili avete comprato. Così magari il prossimo anno ci penserete un attimo in più. Buon Natale a tutti.

Ne vogliamo parlare?

E allora parliamone. Ieri pomeriggio, come sapete, c’è stata la presentazione del mio libro a Livorno in Via ecc. ecc., e, come da previsioni (ma da ottimista non volevo pensare al peggio), la sala era gremita… di sedie vuote. Una decina di persone in realtà sono venute, ma erano persone che conoscevo, che sapevo che sarebbero venute. Grazie anche alla mia “assistente” Sandra, colei che un giorno decise di venire al mio corso di scrittura e che oggi, vista la sua bravura, sta scrivendo un romanzo con me. Sì, a quattro mani, come i pianisti. L’articolo su Il Tirreno del giorno prima che invitava a venire a questa presentazione – scritto da Marialaura Rossiello – non ha funzionato. O meglio, non è stata colpa dell’articolo in sé, breve ma ben fatto, semmai della pioggia, della pigrizia, del disinteressamento alla cultura, della voglia di andare a comprare i regali di Natale piuttosto che andare a sentire qualcosa d’interessante sulla Livorno dell’Ottocento, della trama di “La figlia della Notte”, dei discorsi sull’editoria italiana. La mia amica giornalista Marialaura Rossiello, giovane e intelligente, mi spalleggiava, mi affiancava nel rispondere alle domande di quei pochi che erano lì, in un’atmosfera rilassata e senza tensioni. Bene, abbiamo deciso che dopo aver venduto ben “quattro libri” (sic), ne faremo un’altra di presentazione, ma questa volta la abbineremo a qualcosa che possa attirare l’attenzione della gente; e siccome ai livornesi (e non solo loro) piace mangiare, allora faremo una sorta di serata cibo-lettura. Sì, è vero, alla Fortezza Vecchia c’è “Mangiarsi le parole”, ma chi se ne frega, se la cosa funziona la faccio anch’io. Oppure troverò qualcosa di diverso, magari insieme ai bambini, perché l’ultima volta che sono stato in una scuola a parlare del mio libro e a dire qualcosa sulla scrittura, i venti bambini sono stati attenti per un’ora e mezza, senza dire mai una parola e senza fare casino. Semmai facevano domande, intelligenti e mai retoriche. Era una quinta elementare. Meditate gente… meditate.

Un articolo su Il Tirreno

Oggi, 21 dicembre 2007, a pag. XI del quotidiano Il Tirreno, potete leggere questo articolo, firmato da Marialaura Rossiello.

Il batterista che scrive romanzi: le sue bacchette hanno scandito i ritmi delle colonne sonore di Ennio Morricone e altri compositori. Ma anche quelle dei Pandemonium, suo gruppo degli anni 80 che ha lasciato un segno nella musica leggera italiana. Oggi, il batterista Sergio Consani, si è dedicato alla scrittura. Alle spalle ha due romanzi: “Vuoi tu prenderla in sposa finché qualcosa non vi separi?”; “L’odore di un’immagine” e la sceneggiatura de “La prima volta”, pellicola firmata Pupi e Antonio Avati. Ma ecco che il livornese ha già pronto il suo terzo romanzo: “La figlia della Notte” (SBC Edizioni, 15,00 euro). Una storia che si snoda a cavallo tra due secoli le cui vicende si intrecciano dando vita a una narrazione incalzante e intrisa di suspence sulla scenografia di Livorno. Un romanzo avvincente che sarà presentato domani alle 16.30 al Centro Sociale Circoscrizione 2, Via Forte San Pietro 36.