Silvie Bansky

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Conosco tuo padre, Silvie Bansky, un certo S. Bansky, e conosco la vostra storia. Hai cambiato nome, e fin qui niente di strano; ma il cognome no, non avresti dovuto, neanche per scherzo. Magari il tuo è un gioco, una sfida, un voler ferire tuo padre dimostrandogli che sostituendo il tuo vero cognome con un altro inventato puoi allontanarlo ancora di più di quanto tu non abbia già fatto. Come dire… mi chiamo Bansky adesso, grazie per avermi messo al mondo, caro padre biologico, ma non mi servi più. E non mi serve più neanche il tuo cognome, perché io sono figlia di me stessa e non ho bisogno di te. Non è così, piccola Bansky, perché tuo padre è un uomo che per te darebbe la vita, ma tu questo non lo sai, non lo immagini, non lo concepisci. Te l’ho detto, conosco tuo padre e so chi è. So che a volte è un po’ sfortunato, ma, come si dice, ognuno crea da solo le proprie fortune o sfortune, e quindi addebitare al destino le disgrazie che capitano nella vita sembra un po’ anacronistico. Be’, questo per chi non crede nel destino, per chi non crede che il caso esiste, per chi non ha voglia di pensare che oltre questa vita di merda intrisa di superficialità e di apparenze c’è qualcosa di più nobile. So che tuo padre nasconde delle verità che a te non ha mai potuto svelare, ma solo per difenderti e non mettere in cattiva luce altre persone che ti circondano. So che tuo padre è onesto, buono e leale. So che tuo padre ti ama. E questo basterebbe per distruggere qualsiasi forma di orgoglio. Sono l’orgoglio e la paura di mettersi in discussione ciò che ci spaventa di più; ma la vita bisogna affrontarla, non sfuggirla, per non esserne catturati e non cadere nel vortice del pressapochismo, dell’apparire e non dell’essere. Ho un messaggio da parte di tuo padre e te lo trascrivo così come lo ha detto a me: dille che qualsiasi cosa succeda non versi lacrime, né di dolore né di rimpianto. Se la vita ha voluto questo è perché dovrà imparare cosa vuol dire avere un figlio.

Silvie Banskyultima modifica: 2011-01-08T11:07:17+01:00da sergio0591
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Commenti

Silvie Bansky — 5 commenti

  1. bella domanda…
    diciamo che sono stata fortunata, che il destino mi ha dato una mano…
    ero cieca
    di una cecità malata ed ero stata ingannata… da chi?
    Dalla persona al quale credi più di qualsiasi altra cosa al mondo… dalla “MADRE”.
    L’odio che ella nutriva verso quest’uomo lo ha inettato in noi figlie come il più letale dei veleni, purtroppo delle colpe le aveva e su quelle ha costruito ai nostri occhi un mostro…
    Mio padre è stato paziente, ha aspettato che noi tre figlie uscissimo ad una ad una da sotto il tetto materno
    e una volta uscite da quella prigione mentale… abbiamo visto…
    un uomo che aveva fatto degli sbagli, ma chi non sbaglia nella vita?
    un uomo che ha saputo dire… mi dispiace…
    un uomo
    non più quel babbo carico di colpe e mancanze
    eravamo un uomo ed una donna
    ci siamo parlati e piaciuti pure, e anche parecchio se mi stai a dire…
    e ci siamo scontrati
    e il giorno dopo riparlavamo perchè non ci volevamo più lasciare…
    lui è stato bravo a dire solo
    mi dispiace
    io sono stata brava
    a vedere il male che gli era stato fatto da mia madre che sembrava la vittima, e alla fine è stata il suo e il nostro carnefice…
    poteva essere troppo tardi…
    non lo è stato…
    ringrazio la vita per avermi ridato mio padre.

  2. Il signor Bansky ha messo a nudo l’anima, e so che è lì, che aspetta. Forse inutilmente, ma gli ho dato un consiglio: non chiuderti mai. Ma sai Tina, credo che in fondo parlare servi a ben poco. O forse no, non lo so. E tu, Stefania, hai mai pensato allora che poteva essere troppo tardi?

  3. Un giorno molto lontano rinnegavo il cognome di mio padre. Ero accecata dalla rabbia e dall’odio, perchè un giorno se n’era andato…
    Tanti anni sono passati, fortunatamente ho fatto in tempo ad amare quel cognome, ad esserne orgogliosa, e credo sia stato dopo la nascita di un figlio il regalo più grande che ho avuto dalla vita, ritrovarci.
    Essermi accorta che volevo giocare a fare la bambina eternamente ferita e offesa, vittima di un abbandono e incapace di reinventare un rapporto nuovo e adulto con l’uomo che amavo sopra ad ogni altra cosa.
    Ripensandoci… scusa ma non posso dire altrimenti…
    Ero proprio una testa di cazzo!

  4. Buon giorno Sergio.

    Ci sono momenti nei quali bisognerebbe fare delle scelte strazianti, mettere da parte l’amore viscerale per i figli e vestirsi di SE, metterseli davanti e raccontare se non le ragioni, i fatti che hanno comportato le scelte passate, farlo come se davanti non si avesse una parte di se importante ma un estraneo/a.

    Non farlo significa continuare a provare dolore, coltivare nel figlio/a i presunti torti e le pseudo “nobiltà” di chi l’ha allevato/a nel convincimento dell’abbandono e del disconoscimento voluto.

    Farlo significa chiarirsi, levare il paravento del convincimento derivato da terzi, dare al figlio/a la possibilità di fare comparazioni delle versioni e se adulto/a fare la scelta autonoma se accettare il padre o rigettarlo per sempre.

    Farlo significa anche sentirsi in pace con se stessi, mettere a nudo l’anima e lasciare che il figlio/a decida come rivestirla, se con i panni del vecchio rancore o con un vestito fatto di domande alle quali non sempre è facile rispondere.

    Buona domenica Sergio ;-))