Quattro anni fa…

Bene, sono le diciotto e trenta, ho riportato mia figlia a casa della madre e sono in auto. Accendo la radio per sostituire il silenzio che è sceso improvvisamente attorno a me e dentro di me. La voce di mia figlia, le sue risate, le battute, i discorsi seri e semiseri sono spariti; la musica rende tutto ancora più triste. È da stamattina che non sono di buonumore. A volte capita di svegliarsi con un giramento di palle inspiegabile. Chissà, forse sono gli accumuli dei giorni passati, contro i quali hai combattuto, hai cercato di porre rimedio e adesso si riversano su di te, in maniera pesante. Guido cercando un pretesto per incazzarmi, cerco una ragione alla quale attribuire il mio disagio, ma non ci riesco. Viviamoci questo momento così com’è. Torno a casa. Entro, mi guardo intorno e mi sento come se fossi a casa di un altro. Mia figlia riempie le giornate, fa casino, è disordinata, ascolta musica mentre studia, mi salta addosso all’improvviso come una scimmia che vuole giocare, telefona alle amiche, mi chiede consigli, le traduco un sacco di cose in inglese, ci sediamo a tavola e mangiamo insieme, poi, alla fine del pranzo o della cena, si siede sulle mie ginocchia e parliamo. Quello di sedersi sulle mie ginocchia è un’abitudine che dura da quando era piccola. Adesso ha quindici anni. Il mio sogno è quello di vederla continuare fino a che le mie ginocchia reggono.  Sembra ci sia il vuoto in questo appartamento neanche troppo bello e dove durante il giorno filtra poca luce attraverso quelle finestre troppo alte e troppo piccole. Vorrei uscire di nuovo, subito. Prendere la macchina e andare via, da qualche parte. Ma dove? Dove posso andare stasera? Potrei chiamare Stefano e chiedergli se gli va di andare a mangiare una pizza insieme. Ma Stefano è sposato, ha una figlia, magari la moglie s’infastidisce e lui, per dire di sì a me, ci litiga. No, lasciamolo stare. Potrei chiamare Alessio. No, no, ha avuto una figlia da pochi mesi e la sua donna forse ha bisogno di lui. Ci sono tante cose da fare quando c’è un bambino piccolo in famiglia. Allora chiamo Pasquale. Stessi problemi. Antonio non mi direbbe di no, sono sicuro, ma stasera non mi va di chiamarlo e trasmettergli questa mia insofferenza. E’ troppo amico. Chiamo Monica. Lei è un’amica senza legami sentimentali, libera di muoversi come le pare e piace. Le telefono. Ha la febbre a trentanove. Mi siedo sul divano, nel silenzio. Forse è meglio che mi rassegni a rimanere qui, a casa mia, senza cercare distrazioni. Potrei uscire da solo, vado a mangiare qualcosa in una trattoria e poi a vedere un bel film al cinema. E al ristorante che faccio? Mi siedo e mentre mangio guardo gli altri che ridono e si divertono in compagnia? È triste vedere qualcuno da solo in un ristorante. Quando mi capita di vederne uno, lo guardo sempre con una curiosità morbosa. Lo studio, cerco di immaginare perché si trovi lì, a quel tavolo, senza amici o senza una donna. Io sono qui con Monica, o forse con Alessio e Pasquale e rido insieme a loro. Ma il mio sguardo va sempre lì, sull’uomo o sulla donna solitaria. Forse è in questa città per lavoro e non ha nessuno con il quale dividere un tavolo; forse vive qui ma ha litigato con la moglie e adesso mastica quei bocconi come se fossero tozzi di pane secco, che non vanno né su né giù; forse è solo, separato o divorziato, ha appena lasciato suo figlio a casa della madre e riempie la serata facendo finta di star bene in mezzo alla gente, e magari non voleva rimanere solo a casa per non sentirsi invadere dalla solitudine. Ha chiamato Mario, Antonio, Carla, Francesca… ma tutti avevano da fare, e allora ha deciso così. Come potrei fare io adesso. Ma non voglio che la gente pensi che sono triste quando mi vede in un ristorante da solo. Preferisco rimanere a casa mia. Va bene, allora mangio qualcosa, mi faccio un piatto di spaghetti al pomodoro e poi vado al cinema. C’è un cinema proprio a due passi da dove abito, così non prendo neanche la macchina. Afferro il giornale e do un’occhiata alla pagina dei cinema. Proiettano una delle solite commedie americane e un film d’azione, americano. Ma dove cazzo sono i film italiani? Ma perché mi devo sempre trovare davanti dei film americani? Non vado al cinema. Forse daranno qualche buon film in televisione. Intanto l’acqua bolle; butto giù un po’ di spaghetti, giro con il cucchiaio di legno e controllo che l’olio nel padellino non si bruci. Ho deciso per aglio, olio e peperoncino. Il vino è in tavola, non manca niente. Oddìo, mancherebbero un sacco di cose, ma va bene così. C’è silenzio in cucina; solo il rumore dell’acqua che bolle e qualche vociare lontano che proviene dall’esterno. Mi siedo e mangio. Intanto penso. Poi mi rendo conto che nei momenti di solitudine, non è tanto il fatto di essere soli, quanto quello di pensare. Se il cervello per qualche ora la smettesse di pensare, forse non ci sentiremmo così soli. Se accendi la radio la musica non ti aiuta a non pensare; forse la televisione ti distrae un po’ di più, ma solo se c’è qualcosa che t’interessa davvero. Siamo schiavi del pensiero, indissolubilmente legati alle parole non dette e che si formano come partorite da una sorgente d’acqua. I pensieri scorrono nel letto del fiume, avanzano senza ostacoli. Immagino una cascata e mi fermo ad ascoltarne il suono. Il suono incessante ed eterno sono i troppi pensieri che s’intrecciano, che si associano, che si scontrano. Come faccio a fermare quella cascata? Sono le dieci e trenta di sera. Hai visto? Bene o male il tempo è passato. Adesso, in seconda serata, posso vedere qualcosa d’interessante sul piccolo schermo amico. Fuori fa freddo, piove, non sarebbe stata comunque una bella serata per uscire. Sento il bip di un sms che è arrivato sul cellulare. È Alessio che mi dice: “Lo so che è tardi, ma che ne dici di una pizzetta alle undici e trenta?” Vaffanculo Alessio! Potevi pensarci un po’ prima? Così mi sarei risparmiato questa botta di solitudine! E’ tardi e fuori fa freddo, piove e sono già sotto le coperte al caldo. Rispondo all’sms. No, sarà per un’altra volta. Bene, non vado da nessuna parte stasera; però è bello sapere che comunque gli amici ci sono e che non ti dimenticano.

Quattro anni fa…ultima modifica: 2008-03-16T11:20:00+01:00da sergio0591
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Commenti

Quattro anni fa… — 17 commenti

  1. Ciao Sergio da energia 4363, ti ringrazio per avermi messo fra i tuoi amici blogger. sento il dovere di comunicarti ogni aggiornamento che apporto al mio blog,visto l’interesse che hai manifestato sull’argomento;oggi ho apportato nuove “cose”. Non sarà un blog breve visto gli argomenti trattati che praticamente sono “infiniti” e probabilmente negli aggiornamenti andrò un po’ lento per questioni di tempo e lo studio da affrontare per mettere per iscritto questo mio lavoro. Ti prometto che sarà tutto molto più facile di come scritto e che potrai metterlo in pratica il più presto possibile e vivere così le tue esperienze…………………….–Fulvio-http://energia4363.myblog.it

  2. Mettiamola così invece, ponyboy: quando si scrive un romanzo o un racconto, è bene non dire mai cosa fa parte di te stesso e cosa no. Mi è capitato spesso di sentir dire da persone che avevano letto i miei romanzi… “ah… ma tu ti sei rispecchiato in quel personaggio, vero?”, “quello sei proprio te, eh?”, “ma la pensi davvero così, tu?”. Ora, se dovessi elencarti tutti i personaggi dei miei libri ci staremmo fino a domani, ma alcuni te li dico: c’è un assassino, un nazista, una donna come personaggio principale, un pittore. Ognuno con la sua personalità, e forse ognuno di essi ha una parte di me. Nel bene e nel male. Tutti siamo potenziali assassini, stupratori, santi, egoisti, altruisti: poi la ragione determina le nostre scelte. Quindi io sono tutti i miei personaggi e nessuno di loro. E gli amici dei miei racconti sono i miei amici e non lo sono. E la solitudine che leggi è mia-non-mia, così come la gioia, l’amore, l’esasperazione, la verità.

  3. beh prendiamola cosi sergio, una sera di riposo mica è da suicidio no? posto che non parli di persona ma che sia una sorta di racconto, mi verrebbe da dire, ma che cazzo di amici hai?

  4. E’ vero, i figli ci ameranno sempre, a meno che non vengano feriti così tanto dagli stessi genitori, che anche per loro diventa impossibile perdonare. Ma parlo di cose gravi, indegne, incancellabili, come le violenze, e non certo per una separazione. Ma i sensi di colpa che a volte noi genitori ci creiamo sono purtroppo difficili da eliminare, perché conosciamo bene i nostri errori e vorremmo essere perfetti nei confronti dei figli. Ma di perfetto non c’è niente, se non l’amore che noi proviamo per loro. E che forse provano anche loro per noi.

  5. I figli leggono nei nostri cuori e perdonano molto più di quanto noi riusciamo a fare con noi stessi. Come si può dubitare dell’affetto di un figlio…sarebbe come negare l’amore di una madre. Qualunque siano le mie scelte loro mi sorreggeranno e mi ameranno, non c’è compagno che possa reggere il confronto con questo amore infinito, io ballo con loro, mangio con loro, rido con loro ma non piango se non per commozione, che vedano la forza che si deve avere nella vita e non la miseria dell’abbandono alla tristezza… Con affetto vi saluto a presto

  6. Noi ci siamo conosciuti nel tuo post “per mia figlia” del 20 gennaio scorso, dove chiedevi a tua figlia di non giudicarti per la scelta che avevi fatto di separarti. Credo che con questo post, anche se sei tornato indietro nel tempo di 4 anni, confermi che questo rischio non c’è, e che nonostante lo schok della separazione l’affetto di tua figlia sia stato allora ed oggi totale.
    Scusami se ho interpretato male le tue parole
    Con affetto, Gianpaolo

  7. Ho letto il pezzo tutto di un fiato, una bella doccia fredda!
    La solitudine produce sempre sofferenza, specie se è quella degli altri. Fortunatamente gli adulti hanno quasi sempre risorse inaspettate, e come dicevamo tempo fa ( a proposito della solitudine),passati certi momenti…può essere anche benefica.
    é tenera l’immagine della figlia sulle ginocchia del padre, lei sa che quelle ginocchia reggeranno per sempre!
    E poi vista l’età…se da quelle ginocchia si staccherà…prima o poi ci tornerà. ciao

  8. Caro Gianpaolo, credo proprio che appena dopo Pasqua possiamo organizzarci per una pizza. Anzi, sentiamo pure chi dei nostri bloggers vuole stare con noi. Credo che sarebbe un incontro strano e divertente. Fatevi sotto gente di Livorno e dintorni! Accettiamo anche i pisani… questo è un blog libero!

  9. Davvero intensa questa descrizione intima Sergio, sei tornato sul tema della solitudine che evidentemente senti molto e secondo me hai descritto molto bene tutto quello che emerge da una botta di solitudine, come la chiami tu, un flusso di idee, ricordi, forse rimpianti che si possono fermare soltanto grazie alla presenza di qualche presenza amica disponibile. Anche io come te mi trovo spesso a soffermarmi su persona che frequentano luoghi pubblici ed apparentemente per gruppi in solitudine e come te mi capita di pensare a quali storie si nascondano dietro alle loro solitudini così uguali ma probabilmente tanto diverse le une dalle altre. Talvolta è bello rimanere da soli con i propri pensieri ma moltissime altre volte no anche se come te sono d’accordo che da questi momenti non solo si risorge ma si risorge spesso con un occhio più pronto a cogliere quello che di bello potrà proporsi di nuovo in futuro, perchè si riproporrà ne sono certa e ci troverà più disponibili e migliori……buona settimana Sergio

  10. C’è sempre qualcosa di migliore. Basta aspettare, non cercare. Ma bisogna avere l’occhio lungo per accorgersi delle cose belle.

  11. c’è una bellezza anche nelle storie più tristi, anche nella malinconia di sottofondo.

    è come racconti queste tuoi piccoli pezzi di vita che mi emoziona
    è come suonano le tue parole lette insieme che
    mi

    fanno ancora sperare in qualcosa di migliore.

    dico davvero.

    buona serata,

    P.

  12. A volte ci si sente vicini a persone che non si conoscono. Quello che hai scritto è un pezzo della vita di tutti noi.
    Siamo soli e non lo siamo.
    Siamo pezzi di vita di altri e non lo sappiamo.
    A presto.
    V.

  13. Per fortuna pensieri ed amici non ti mancano…entrambi alle volte sono fastidiosi, ma hanno il loro valore….le snsazioni che tu hai descritto sono esattamente quello che immagino quando i tarli della mente mi portano a pensare ad un eventuale divorzio, e le gambe tremano, soprattutto al pensiero di doversi distaccare da un figlio…tu purtroppo invece le stai vivendo e mi auguro che tu possa trovare sempre la forza per affrantare ciò.
    Un saluto, Giorgio.

  14. Accidenti… un grande mondo di piccoli mondi separati e avvolti in veli di solitudini… ma la solitudine è tale anche in mezzo alla gente, a tavola con amici , se il nostro disadattamento sentimentale ci opprime. A volte mi sento sola e malinconica e nostalgica anche ad una festa, a tavola con i miei… è uno stato d’animo indipendente dalla presenza di persone, anche se devo dire la verità… quando arrivano le figlie non mi capita proprio! Sono un ciclone che porta tutto in sè…
    ciao Anna

  15. E’ incredibile come la vita di persone simili si svolga nello stesso modo. Hai raccontato, con diversità di luoghi o di persone la mia giornata di ieri.
    Una cara amica mia e della mia ex moglie (o forse dovrei dire moglie, visto che di comune accordo abbiamo deciso, almeno per ora, che gli avvocati sono già abbastanza ricchi senza bisogno di avere anche i nostri soldi) mi chiama giovedì scorso per fare una pizza insieme. Chissa cosa c’è dietro questa richiesta … lo scoprirò solo andando a cena con lei … poi si chiama Paola, come la mia utopia, per cui andiamo … sembrerà di stare con lei. Cazzo, accidenti ai maledetti surrogati, non puoi pensare che un nome cambi le situazioni.
    Comunque pizza, un mare di domande su come, … perchè, … ma non tornerete indietro … e alle mie motivazioni sul fatto che i cocci non si possono riattaccare … alla fine se ne è fatta una ragione.
    Alle 22.30 l’ho già portata a casa sua, i surrogati non possono sostituire gli originali … per cui, risalgo a casa mia, accendo il mio camino, con l’illusione di trovare un po di … intimità con me stesso, ma la mia mente è assordata da … lei, dal suo accento piemontese, dalle ore passate al telefono la settimana passata, dal fatto che i WE non è con me. Cerco di accantonare il suo pensiero concentrandoni sul pomeriggio passato …
    La moglie era in visita non so quale villa a Roma, per cui mi sono dedicato ad Andrea, mio figlio, 18 anni alla presa con la patente di guida. Prima gli ho fatto pranzo, poi un po’ di scuola guida, (la mia auto grida ancora vendetta), ma almeno, oltre al piacere di stare con Lui, è anche servito a non pensare a Paola, almeno per qualche ora.
    Ed ora, il giorno dopo, sarà il cielo plumbeo, sarà la mancanza di paola, … sono assalito da un po’ di malinconia, e come sottofondo De andrè non aiuta certo a tirarsi su, (ma poi, ho realmente voglia di tirarmi su?) , il camino è di nuovo acceso, mi cucinerò una bistecca sulla brace, da solo, in attesa di una telefonata che so che non arriverà …
    Stammi bene amico mio, come dice la mia amica Camilla, nel suo ultimo post, dopotutto viviamo in un piccolo inferno!
    Un abbraccio fraterno, Gianpaolo