Secondo voi…

Secondo voi come si potrebbe fare per non vedere più tutti i muri della città imbrattati? E come si potrebbe fare per evitare che la sera quando rientro a casa non debba andare in giro con gli occhiali a raggi infrarossi per individuare le cacche dei cani? E come si potrebbe fare per dire a quei cretini in scooter che il senso unico è unico proprio perché lo devi percorrere in un solo senso? E come si potrebbe fare per attraversare le strisce pedonali senza che qualcuno ti travolga a cento all’ora? E come si potrebbe fare per insegnare un po’ di educazione? Questo è il nocciolo della questione. Io ho sempre affermato di essere di sinistra-anzi-anarchico, ma se voglio essere anarchico non posso rompere le palle al prossimo, perché se ritieni di essere uno spirito libero. la prima cosa da imparare è proprio quella di rispettare quelli che non conosci. L’ignoranza è davvero il male peggiore?

Secondo voi…ultima modifica: 2008-01-23T18:47:59+01:00da sergio0591
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Commenti

Secondo voi… — 50 commenti

  1. Scimmia con la tastiera impastata plaude agli ingegni che si danno da fare…. e domani Serio mi riaccazionerà ehehehehe!!!!

  2. Neanch’io amo il branco. Odio il gregge che segue l’urlatore di turno. Non a caso, livornese atipico ma con una buona dose di sangue di provenienza ribelle – forse un mio antenato può aver combattuto contro il nemico austriaco -, a diciannove anni ero già in giro per il mondo, da lupo solitario. E un lupo solitario fa fatica a vivere, la comunità è la sua sopravvivenza, la comunità fa la forza. Ma me ne sono sempre fregato del branco, violento e ipocrita, o del gregge, influenzabile e lesto voltare faccia. Oggi, qui nella mia città, faccio gruppo, nel senso che creo un gruppo, ne faccio parte, ma non è né gregge né branco. Ho voglia – come sempre d’altronde – di smuovere un po’ di acque, la cosa mi diverte e può dare buoni risultati. E’ una città addormentata questa, dove ormai tutto diventa staus symbol e gli ideali sono andati a farsi fottere. E non solo a Livorno.

  3. Tira più un pelo! E così via.
    Aggiungo volentieri voce a voce.
    Niente male la storiella anomala su carabinieri atipici – certo che le tope, da sempre amanti di sciacquetti, devono aver subito un’evoluzione impensabile (sconosciuta non solo a Borges, ma anche a me) se adesso si possono pescare anche in mare da un battello.
    Sempre però barzelletta di trincea vuole essere, tipo torpedine o assalto alla baionetta. Comunque: la mia vita per una battuta, anche se da averne ferita.
    Preferirei un agone, una palestra.
    Tentativo.
    D’accordo che l’amore per il paradosso, per la mordace battuta fulminante siano innegabilmente una delle capitali stigmate dell’essere labronici; aggiungerei però a questo anche la tendenza ad essere un branco.
    Tutti buoni, a braccia spalancate: ma guai a non avere ogni toppa della livrea al punto giusto, codificato. Pari tra uguali, mai pari tra diversi. Un po’ sbruffoni – qualche volta sgradevoli, molte altre no.
    Per mio conto son fiero di essere livornese, regolarmente meticcio come tutti i livornesi, e inzuppato di una cultura labronica che riesce a distinguermi, all’estero, uno e indipendente.
    Vivo ramingo, nomade sedentario.
    Non amo il branco.
    Stentiamo tempi in cui questa caratteristica è disagio culturale, appiattimento d’identità.
    Ben venga il Consani col suo nobile tentativo di volgarizzare letteratura.
    Sia dato spazio pure alla satira, di qualsiasi tipo – anche un tanto ermetica e cruda come quella che tento io. Non così immediata e diretta, ma sufficiente a dar noia – un po’: tu m’imbrogli ma non mi freghi, suonato di liuto.
    Le classi subalterne ne devono necessariamente possedere d’ironia e satira per poter sopravvivere: una difesa disarmata che sa essere anche letale.
    I ceti dominanti se le fanno comprare già confezionate alla Coop.
    Tornando al branco, esso, pur nella sua nobiltà, non ha dinamiche – tende ad ammirare sé stesso, bloccato.
    Gli preferisco il mestiere solitario di seminatore di dubbi, o cacadubbi un po’ tanto rompiballe, indossando un’annodata veste di dialogo che mi permetta di far penetrare più a fondo le dita.
    Chi sono, dico a Sergio in segno di pace, è nel mio dire; non occorre altro per potermi identificare: altrimenti potrebbe essere anche sfizio di notorietà, ed io non amo calcar ribalte. Esser presente sì, in difesa veglia dei confini.
    Magari la prossima volta che sarò costà a prendere un gozzata di salsedine come suggerito, perché fa bene, sarà mio piacere farmi vivo di persona e tentar di conoscere d’occhio e di tatto chi me lo voglia permettere. Un rumme al porto o un ponce a vela dal Civili.
    Nonostante me, sono riuscito a raccontarmi un po’.
    Da Milano un sorriso anche se oggi piove e ci son sempre Sgarbi e la Moratti.
    PS: e Sergio si lamenta del suo, d’assessore alla cultura!

  4. Fatto di cronaca: una turista viene stuprata da due carabinieri.
    Sul fatto striscia del Vernacoliere: si vede la turista davanti al giudice che da buon livornese trova un’attenuante per i poveri carabinieri:

    “Si vabbè.. ‘a ragione..però anche te bimba..avecci la topa..”

    Ora io SOSTENGO che nè Swift ne tantomeno Borges (che a stento sapeva cos’era) avrebbero saputo individuare nel semplice possesso della t… una provocazione tale da mandare assolto chiunque.
    Questo è puro e inimitabile genio livornese, cari miei.

  5. Le parole di solito non stupiscono Sergio.Son solo parole che si assommano e si danno significato l’un l’altra. il linguaggio scritto deve sopperire ad un saccco di cose. In un film vedi uno che alza un sopracciglio, assume un’aria contrariate. Mom c’è bisogno di scrivere. Vedi e capisci.La parola scritta tenta l’esattezza ma quasi mai raggiunge la perfezione della realtà. Questo oltretutto non sarebbe il suao scopo. Teniamocela cara la parola che ci permett dìesser mentitori inconsapevoli ed interpreti di una realtà dhe ci è chiuso conoscere

  6. Polifemo e Nessuno.
    Senza Sirene. né regolate e neppure centraline elettroniche: alla ti fo le punterie con lo spessimetro, a mano libera.
    Livorno, che non so se ci farò scalo coi rematori spompati, ha dimenticata la risata alla Swift o alla Borges – Vernacoliere docet.
    Mi compiaccio pomposo e a vela e, dopo una visitina a Circe e a Nausicaa, guardo se ce la fo a tornare dalla vecchia a Itaca.
    Narrare bono, sognare no bono!
    Ad ognuno il suo colore dello stesso colore.
    A Milano ci arriè il sole e la Moratti.

  7. Fussgaenger, io mi meraviglio del tuo linguaggio, non perché non lo capisco o non potrei risponderti con la stessa moneta letteraria, ma perché lo trovo involuto nella sua modernità, denso di parole che vorrebbero stupire. L’ho già detto: è difficile scrivere semplice e farsi capire. Ma va be’… fai come vuoi. Se solo la parola “anarchia” ti ha stuzzicato e poi ti sei reso conto che qui vogliamo solo sognare, parlare senza agire e fare retorica spicciola, allora credo che non faccia per te questo blog. Eppure a me piace la gente che entra così, quasi per caso, e lascia un’impronta, e vuole sapere, e vuole intervenire. Però, nella stessa misura, non amo non sapere con chi ho a che fare: presentati, dì chi sei, quanti anni hai, che cosa fai. So solo che vivi a Milano, e forse la mancanza di sano salmastro ti sta offuscando un po’. Relax fussgaenger, passa da Livorno e fermati a guardare il mare.

  8. Elementare Watson! Elementare un fico secco.
    Provare di provare e riprovare il già provato: un conoscere di non sapere. Un cantare la messa nel coro.
    Da buon cattivo maestro da non ascoltare sono soddisfatto della non risposta e, rifiutando di essere presente a me stesso e certo della mia non certezza, cantando il mio coro ad una voce che dice conosci ma non sai – blasfemo adoratore del dubbio, dopo essermi regalato il postulato che vede la materia che non sa chi sia e c’inventa per potere indovinare chi è e ricco dell’essermi tolto la palla dalla caviglia per godere della felicità di essere libero che mi ha reso infelice, ma anche sadicamente felice di esserlo, mi chiudo a entropia zero e mollo la partita.
    Penso che il gioco nasconda la trappola, un piccolo cercar rogna inzuppato di elementare protagonismo – forse.
    To be or not to be, come diceva il felice di disgrazia Amleto.
    Il potere cadenza la vita, trasforma il grido, l’urlo di protesta, in miagolio di gatto che ha sete di coccole e riesce a farti ridicolo a te, allorché ti fa trovare recitare una parte comprimaria nella stessa sua propria commedia.
    Non c’è scampo.
    Da un punto di vista euristico, parola stupido usare ma che semplice semplice vuol dire cercare una soluzione che sia più vicina alla esattezza possibile, che l’esattissimo non c’è – dato che il novantanove per cento di tutti pensa e agisce rettile e l’uno per cento no, è questo ‘non si vergogna’ uno per cento l’ammalato. Il rimanente, si fa per dire, novantanove per cento è la maggioranza sana.
    Per guarire ci sarebbe il suicidio, da bambini, appena ti accorgi d’essere malato. Ma la vita è bella, l’erba è verde, il sole caldo.
    La vita è vita anche d’inverno al polo o d’estate nel deserto del Sahara e senza cammello.
    Poi un po’ di sano narcisismo non ha mai fatto male a nessuno se non a Eco, si sa bene.
    Ma è una trappola, ripeto: è una trappola mai transitoria. Non si può ‘imparare’ ad una tigre di amare il verde dell’erba – tutt’al più le da un’annusatina e ci fa pipì sopra a coda ritta.
    Parafrasando Martin Luther King Jr.: I have a dream!
    Ma quale dream?
    Forse un po’ di baruffa che alzi di statura il tacco alle scarpe o apra pareti a manifesti di carta formato gigante tipo bella gnocca popputa – perché a Livorno, che io sappia, non si usa sparare alla nuca ai rompiballe di turno, probabilmente solo per mancanza di sicari affidabili. Massimo si passa dal monumento, ritti o a cavallo, al bussolotto attaccato col filo al posteriore.
    C’è una trama che regge tutto questo? Onestamente non so e non desidero sapere.
    Simpatico come un dentista a domicilio che strappi un molare per godersi l’urlo, vi rendo il dente – esco veloce e chiudo l’uscio.
    Aprii la mia voce unicamente ad eco irresistibile quando qualcuno fischiò anarchia.
    Il pranzo è in tavola ed è il momento di ritirare le tonsille, ammainare la ‘velina’ senza vento e mettere i remi in barca – salutare l’onorata tribù e lasciare il posto e la canzone a qualsiasi altro da me, magari ad un Sergio che risponda a un altro Sergio medesimo.
    A Milano fa caldo che sembra primavera: che un primo fiore nasca da voi a Livorno.

  9. Esatto fussgaenger, la sfida, e poi lottare pur se non si arriva alla vittoria. Io ho lanciato la sfida (nel mio piccolo, molto piccolo) a una città come Livorno, all’assessore alla Cultura, ai soliti politicanti che tanto dicono e poco fanno. Credo che anche loro, ormai persi nella nebbia dell’apaticità, abbiano bisogno di nstri stimoli, di essere svegliati dal torpore in cui vivono, salvo svegliarsi, sbarbarsi, vestirsi per benino e andare ad apparire in qualche emittente nazionale o locale che sia. Per loro “apparire” è vitale, significa qualche voto in più, un aggancio maggiore alla bella poltroncina del potere effimero (effimero, e loro nonl’hanno capito). Forse la perderò questa battaglia, forse l’assessore alla cultura mi sputerà in un occhio, forse finirà tutto in una bolla di sapone. E io, tosto, non demordo. Sfido. Sì, sfido. Ho coraggio, lo so. Non sono un eroe, mai detto (ci vuol ben altro spirito per esserlo), e gli eroi hanno vita breve, altrimenti eroi non diventerebbero. Niente sangue, niente manganellate, niente dimostrazioni che servono solo ad eccitare la Polizia e Manganelli (nel senso di Capo della Polizia). Intelligenza, un po’ di furbizia, onestà: questo serve, anzi, voglio usare per sfidare qualcuno o qualcosa. Lo so, chi ha i soldi e il potere la spuntano sempre, ma chi se ne frega, io sfido, sfido e lotto, e quando sarò un giorno (lontano) sul letto di morte mi piacerebbe sorridere e dire: be’… se non altro ci ho provato!

  10. Non di sfida si tratta.
    Ad ogni sfida una vittoria e una sconfitta – e anarchico sa di non volere consuete vittorie. Le sconfitte sono il sale da sempre, più che le vittorie, delle finalità distintive ed istintive uomo-uomo e uomo-ambiente guidate dalla parte del nostro cervello più antica ed immodificabile, la cosiddetta parte rettile.
    Nessuna acquisizione di coscienza-conoscenza ha apportato varianti alla lingua base degli uomini – sempre la stessa.
    Non credo mai avverrà e anarchia ne vive il paradosso e soffre il voler essere differente, acquisito attraverso la coscienza di sé – anche se coscienza di sé coincide quasi sempre con prevalenza.
    Anarchia sa che è lotta senza una vittoria.
    Naturalmente difesa ad oltranza delle nate idea di libertà e identità individuale, determinandone precisi confini e non abusando nebulosamente del sapore delle parole.
    Respingo l’idea di apolicità, ritenendo che ogni azione d’essere e manifestare usufruisca di concetto politico e gli specchietti non retrovisori sono, ma ad osservar sé stessi.
    Pedalare senza avere voglia di sapere di che marca sia la nostra bicicletta, suggerisco a vt75ge pieno di buone intenzioni.
    Esaurire i Bush creando altri Bush sempre Bush è: cerchiamo piuttosto di parlare un altro idioma – sarà duro e difficile, improbabile.
    Lacrime e sangue diceva Churchill.
    Né lacrime né sangue suggerisco io modestamente: lotta, quello sì – e coraggio, quello vero che non ha bisogno né di volerlo avere e neppure di ardimento.
    Richiamare diversità all’uomo mi somiglia ad un auto suonarsi un piffero ad incantar sé stessi e rigetto qualsiasi tipo di guanto di sfida: io quasi non ho mani e preferisco il lancio del basco, tipo freesby.
    Magari l’utile presenza gioiosa di un cane che te lo riporta rumoroso e gentile e non si arrocca di torre.
    A Milano anche oggi c’è il sole.

  11. Il mio nick più che una targa è una carta d’identità (iniziale nome e cognome, anno e luogo di nascita).
    Comunque, cerco di spiegare meglio la mia frase, cosa voglio dire con: “il bello dell’anarchia è che puoi educare gli altri a seconda del loro comportamento”?
    Semplicemente è una conseguenza di un mondo governato e regolarizzato con leggi umane e, come tali, fallibili.
    Solo che nel nostro contesto societario le regole vengono fatte rispettare solo a chi non può permettersi di infrangerle, ossia chi non ha soldi, chi non ha diritto di parola e di pensiero.
    Nel nostro mondo un Bush può decidere di bombardare una nazione solo perchè ha perso una partita a Risiko.
    In un mondo anarchico Bush, se proprio volesse attaccare una nazione, o si limiterebbe ai videogiochi oppure si armerebbe di mazza da baseball e andrebbe a farsi ammazzare per i propri ideali.
    Non vedo l’anarchia come una maniera per infrangere le regole (come abbiamo visto c’è chi lo fa anche ora, basta avere tanti soldi) ma solo per avere un maggiore autocontrollo (“sarebbe meglio darsi una regolata, visto che una avvocato non potrebbe più coprirmi il culo”).

  12. Hai visto Linda come piano piano ci si riesce a liberare di questi maledetti pudori? Sei solo alla seconda lezione e hai capito che questo corso può essere terapeutico. E’ vero. E’ terapeutico. Basta capire che qui non si viene per diventare necessariamente scrittori, ma per scrivere e liberarsi da certi pesi che si poggiano su di te. Un’altra cosa che vale per tutti i miei corsisti: facciamola finita con questo Nautilus, altrimenti chi entra per la prima volta in questo blog vede che parliamo di cose che significano qualcosa solo per alcuni di noi. Non facciamo diventare questo blog un pollaio, per favore. Perciò un’ultima cosa: Nautilus, scopriti venerdì prossimo e chiudiamo questo “mistero” prima che ci sia un omicidio. Toh, sarebbe una bella idea per un incipit!

  13. Vt75ge. Sei una targa automobilistica o qualcosa del genere? Mi sembra di parlare con un robot, ma mi adeguo per rispetto a questa dannata privacy. Sei un po’ complicato, entri nei meandri dell’incomprensione, lasciandoti alle spalle il concetto più importante: è molto più difficile parlare in modo semplice (non banale, eh) affinché tutti capiscano che usare un linguaggio oserei dire psicodrammaticointimisticoermetico. Libero di essere te stesso in ogni caso. Anarchia. Forse è vero, è una parola abusata, ma era per rendere l’idea della mia indole, escludendo a priori gli specchietti retrovisori attaccati alle mie spalle. Non dirò che sono sinistra allora, e non dirò che sono anarchico. Sono tutti e due, ma in entrambe le cose è ormai difficile riconoscersi. Allora dirò che sono e mi sento maledettamente apolitico, perché nessun politico è degno di stima, per me. Ma finché avrò fiato lotterò, non mi sottometterò mai all’evidenza, sfiderò chiunque voglia essere sfidato. E se lo dico lo faccio.

  14. Quale peso o senso dare al “sentirsi anarhico” di Sergio od al concetto un po’ scheletrico “voler educare, istituzioni, bello e brutto? di vt75ge – sembra l’antico adagio: penso che mia moglie sia un po’ incinta.
    Personalmente, il cuore anarchico grida di non più amare, usarlo o pronunciarlo, questo ormai consumistico ‘anarchico’, scopato via dalle tavole dei salotti “bene” assieme alle briciole di cultura rubata dentro il gran bidone web, e di inventargli un altro attributo a caso che possa sostituirlo – che so, “conscio”, che almeno è un po’ più difficile da essere pronunciato.
    Persino alla Coop lo trovi lo “anarchico DOC”: tra i surgelati, le bici elettriche che ti risparmiano la fatica di pedalare e in mezzo alle verdure fresche.
    L’etica (confessiamolo, parola massimalista ed invece leggèra di significato) basta a contenere il cosiddetto “rispetto per l’altro da sé”, senza disturbarne una sottomarca (a me tanto cara un tempo) come quella etichettata Anarchia – gli scaffali delle biblioteche scricchiolano dal peso della carta sulla quale, quasi da troppo-sempre, qualcuno abbia congelato i suoi pensieri con l’inchiostro o lo scalpello a proposito di cosa l’ “uomo dovrebbe”.
    M’è venuto a noia.
    Siamo chi siamo.
    Sarò forse cruda ma ho chiuso con il divertimento schizoidamente sportivo di volersi diversi: per me adesso l’ora di crescere e sapere almeno ciò che mai sarà.
    L’uomo e la donna cosa sarebbero, altri da ciò che sono?
    Semplicemente non sarebbero ed io non sarei qui a spippolare su questa tastiera a scrivere queste “leggerezze”. Non sarei né pensiero né carne.
    Un saluto.

  15. Ciao a tutti passo di qua per la prima volta e ho letto i vostri post il problema più grande è la mancanza di rispetto e la troppa fretta che il mondo di oggi ha.Se il cane sporca per strada fermarsi a raccoglierla si perde tempo e comunque ci sono gli operatori ecologici , Per riuscire ad attraversare la strada è lo stesso si ha sempre troppa fretta e non si rispetta chi magari sta attraversando ed è una persona anziana. Per migliorare tutto ciò bisognerebbe spiegare dai più piccoli ad amare ogni minuto della giornata vivendolo ciascuno singolarmente e vedere se si riesce a rallentale la frenesia della vita e per il rispetto cercare una impresa che lo fabbrichi

  16. Questa volta ha funzionato – allora dai! Eccola, un po’ datata.

    Dove casca la palla?
    Cos’è: un colpo di rinterzo o un tentativo di filotto? O il gioco delle tre carte: attenti c’è la pula? Oppure uno che ti scrive sul muro di casa ‘io sono un ganzo e tu no’, e ti fa rabbia?
    Cosa mai c’entra la Nobile Anarchia? Come il cavolo a merenda!
    Come dire: la cultura nasce orfana ed io conoscevo suo padre.
    Non si può invecchiare il vino di questa cultura un po’ sbadata guadagnata a senso unico, anche a piedi, dentro le preziose botti dell’Anarchia, le cui cantine sembrano adesso essere addirittura di ‘proprietà altrui’ e non regolarmente aperte spalancate e senza chiave, a somiglianza di uno di quei soliti sogni mattutini che ti trovano a bischero ritto.
    Non che sognare sia proibito, nulla è proibito dentro questa virtuale realtà – ma magari ogni tanto un sogno vero ad occhi svegli.
    Puppiamoci per adesso, assieme ad altre cose assai più pese ma di stessa ‘banale’ radice, la nuova nata tinta come non ci garba, perché la vernice è del colore giusto che fu scelto da prima – quasi un non colore.
    Ci si può adornare con qualsiasi ‘gingillo’, ci si può giustamente adirare per motorini e cani che disturbino la sacra quiete di stare in panciolle, sdraiati comodi sulla nostra indignazione.
    Poi dopo con calma, magari di tralice, diamo un’occhiata con la coda dell’occhio, a non accorgersene e di sguincio, allo specchio che tutti portiamo in dotazione attaccato dietro sul groppone e vediamo quello che riflette, senza sorprenderci più di tanto.
    Buona passeggiata.

    Sotto la cosa vecchia e nuovo di giornata: a Milano oggi è domenica e c’è il sole.
    A vt75ge (al quale tranquillamente mi presento come pp33mi-li, per fare scopa) e sergio posteriori allo scritto di cui sopra, mi rifarò vivo – altrimenti mi sembrerebbe di scrivere fù con l’accento.
    Buona giornata a tutti del branco.

  17. Naturalmente io intendo anarchia non nel senso che posso fare come mi pare, escludendo istituzioni e regole e discipline; cerco solo di eliminare, delle istituzioni, regole e discipline, ciò che trovo ingiusto, a costo di andare a scontrarmi con il potere. Poi è bene capire che le regole di base per “sentirsi anarchico” sono quelle che non danneggiano né il prossimo, né l’ambiente né te stesso.

  18. Il brutto dell’anarchia è che non ti puoi pretendere l’aiuto delle istituzioni.
    Il bello dell’anarchia è che puoi “educare” gli altri a seconda del loro comportamento.

  19. No, Paola, non ti devi frenare. Qui puoi sfogarti quanto vuoi, e poi ho capito che non era particolarmente rivolto a me il tuo sfogo: volevo solo capire meglio il senso delle tue parole, tutto qui. Se ci dobbiamo reprimere anche su un blog è la fine…

  20. caro sergio

    perdona il mio sfogo che non è rivolto a te in particolare, a te che vedo che ti dai da fare nel tuo piccolo,..a te che ti tiri su le maniche e proponi e costruisci

    era un generale senso di fastidio ecco..

    la prossima mi freno
    😉

  21. Non ho capito bene il tuo sfogo, Paola. Cosa vuol dire che qui si parla solo in una direzione? E perché dici che ci si dimentica dei grandi ideali? Insomma, non ho capito se nelle tue parole c’è un senso ironico (strano perché di solito recepisco bene il sarcasmo e l’ronia). Come dire… qui si parla di tutto, di vita, di politica, di figli… e intanto nella vita di tutti i giorni ci si fa un mazzo tanto per andare avanti. E’ questo quello che vuoi dire? Se così fosse, direi che io non sono abituato solo a parlare, ma mi piace fare anche i fatti; non a caso qui, in questa città che ha davvero bisogno di una scossa in ogni direzione, sto cercadno di fare qualcosa di positivo. Se vuoi chiarire, cara Paola, è meglio che non prosegua, prima che dica cose che non avrebbero senso. Caro Ponyboy… purtroppo per motivi inutili a spiegare in questo contesto, non sono potuto andare a suonare, e questo mi è dispiaciuto non poco. Non salterò giovedì prossimo, stai sicuro.

  22. Sapete qual’è la cosa che mi fa più rabbia? Vedere che siamo in molti a pensarla così. Cioè, tutti siamo certi che questa società abbia delle lacune e dei seri limiti, ma non ci ascolta nessuno! Tutti vanno avanti per la loro strada, cercando di guadagnare più denaro possibile senza interessarsi minimamente della nostra vita. A nessuno interessa se una madre sola non ha abbastanza soldi per mantenere i figli, se una famiglia vive con una misera pensione, se un giovane pieno di talento e voglia di fare, non riesce a trovare lavoro perché un figlio di papà raccomandato gli ha rubato il posto!
    Ma, alla fine dei conti so perché accade questo… siamo nel mondo dell’apparenza e della ricchezza… questa è la nostra bella politica!
    Sei giusto solo se indossi abiti “griffati” o se giri con una mercedes o bmw… e non ditemi che non è vero…
    Forse sarò troppo negativa, ma mi sto accorgendo che stiamo cadendo sempre più nell’assurdo!
    Un salutone e… a stasera!

  23. strano come qui si parli ( e si ascolti) solo in una direzione..

    e strano come ci si debba far sentire facendo chiasso, proponendo, sbraitando, muovendoci, ..

    e strano come molto di quello che dovremmo (già, abbiamo anche doveri signori) fare nelle nostre case, famiglie, città sia solo appena accennato, abbozzato, minimamente tracciato

    e strano come siamo grandiosi nel parlare di figli, società, tv, politica

    e strano poi come qui, nel nostro piccolo mortale mondo, qui senza pajettes e lustrini , qui tra fatiche quotidiane ci si dimentica spesso dei grandi ideali

    scusate lo sfogo,

    Paola

  24. Caro Sergio, il chiasso aiuta sempre, in fin dei conti sono proprio i nostir politici ad insegnarcelo! Per una volta prendiamoli ad esempio, no?

  25. Eh, sì, Marialaura, condivido. Conosco un sacco di giovani imbecilli e molti giovani intelligenti e di talento. E conosco un sacco di persone mature imbecilli e molte intelligenti e di talento. Quindi non si tratta di giovani o vecchi, si tratta solo se sei o non sei, se vivi o sei morto, se vuoi o non vuoi. Facciamoci sentire, in ogni città, fuori il coraggio, spegnete la televisione, usate bene il PC, organizziamo, chiediamo, stimoliamo. E mandiamo lettere a Costanzo affinché butti fuori Maria De Filippi (Ah! Ah!)! E che non si veda più Vanna Marchi, e neanche Bossi, e neanche Mastella. Fuori dalle palle il Grande Fratello, le pubblicità che istigano al consumismo sfrenato e agli status symbol. Basta con i Giudici che giudicano come torna loro comodo; urliamo che non vogliamo i notai, la professione più assurda che ci sia! Diciamo agli avvocati che non si mettano d’accordo tra loro per arrivare prima alle sentenze! Diciamo al ladri di strada che se proprio non se la sentono di trovarsi un lavoro vadano a rubare ai ricchi e lascino stare le vecchiette! Diciamo allo Stato che le tasse pagate sono sproporzionate agli stipendi! Diciamo ai puzzoni di vent’anni che girano con aria arrogante con la Mercedes che se non gliel’avesse regalata papà non avrebbero neanche la possibilità di comprarsi una 500 del 73! Diciamo pure a tutti i capoccioni che siamo stanchi che solo i ricchi possono arricchirsi e i poveri rimanere sempre i soliti poveri.

  26. Tra venti giorni avrò 42 anni. Ho due figli ancora piccoli e mi mancano le certezze, come a molti miei coetanei. Noi quarantenni, che siamo stati in casa coi genitori fino a trent’anni, abbiamo figli con un’età massima di dieci anni, siamo sfiduciati. Si traballa un po’. Invece dovremmo proprio noi assolvere un compito importante: educare i nostri piccoli ad una coscienza di rispetto dell’ambiente, di rispetto verso il diverso, priva di ogni egoismo.
    I nostri figli dovrebbero imparare proprio da questo brutto presente ad essere il contrario di come siamo. Il prof. ha simpatico un compagno che è vestito firmato dalla testa ai piedi perchè IL PADRE è pieno di soldi? Allora mi rivolgo verso quello che è il contrario di lui e lo invito a casa a studiare e a giocare a carte invece che con la play station ultimo modello. Quindi i nostri bambini dovrebbero imparare da ciò che vedono di brutto negli amici, nei genitori, negli insegnanti. E fare il contrario. E’ quello che forse va bene, affinchè ognuno si faccia portavoce di ciò che vuole cambiare nel futuro.
    E non ascoltare quelle mamme quarantenni che alle partite di basket di bambini di otto anni dove non c’è neanche una classifica, urlano al figlio in campo SPUTAGLI IN FACCIA (anzi “SPUTANI” in livornese stretto!) che queste malizie ancora non le ha, e guarda la madre con aria interrogativa come dire “Mamma che cazzo dici?”
    e forse farebbe bene ad avvicinarsi alla dolce mammina sbraitante e infervorata dal tifo e sputare in faccia a lei.
    “OGNI COSA CHE FACCIAMO E’ COME UNA GOCCIA NELL’OCEANO”
    e così ho citato Beata Madre Teresa di Calcutta
    Ciao a tutti. Sandra

  27. Già… io sono sempre stata una di quelle che, durante l’adolescenza, credeva di andare lontano da qui, in una città che fosse meno provinciale e meno ignorante. Poi, crescendo ho capito che anche qui abbiamo da offrire molto. Anzi, forse anche più di altre città note e grandi!
    Ho parlato di giovani perché girando per le strade o magari aspettando dal dottore, spesso, sento parlare di noi come di stupidi bambocci che non sanno mettere due parole in fila. E, sinceramente, mi sono davvero stancata. Non si può pensare che ragazzi di ventidue o ventitre anni non siano in grado di creare qualcosa di grande o importante!
    Certo, sarei bugiarda se dicessi che non esistono ragazzi che non sanno cosa fare della loro vita o che perdono il loro tempo a bighellonare. Proprio per questo la gente dovrebbe pensare prima di dare fiato alle corde vocali!
    Sergio, condivido pienamente il tuo pensiero. Credo che se giovani e adulti si unissero nascerebbe qualcosa di fantastico!
    Le idee dei giovani hanno bisogno di quelle di chi ha più esperienza e, chi ha più esperienza ha bisogno delle idee dei giovani, no?
    E, allora… forza, lottiamo insieme per valorizzare tutto quello che di bello abbiamo nella nostra città!
    Un saluto a tutti e buona serata…

  28. Hai visto il post che ho dedicato all’Assessore alla Cultura di Livorno, vero Elisa? Ebbene, voglio fare chiasso, come dici tu, far capire ai capoccioni che siamo noi che facciamo cultura, non loro! Loro sono lì e comandano, ma se non ci fossimo noi, loro se ne starebbero a casa a grattarsi! Loro devono rispettare chi fa questo lavoro ingrato di scrittore, sceneggiatore, poeta, scultore, pittore e musicista! Assessorre… glielo urlo: TIRATE FUORI I SOLDI CHE AVETE E DATE UN SENSO AL VOSTRO LAVORO! I CITTADINI VoGLIONO DI PIU’! Ma credo che qualcuno abbia sentito laggiù in quelle stanze, e non vedo l’ora di stringere la mano a Guantini casomai avesse trovato il modo e il coraggio di fare quello che gli è stato proposto. Ciao Massimo, diamoci del tu, tanto siamo coetanei. Ah… non sapevo che aveva scritto un libro anche lei… lo vede? Anche lei scrive, è di Livorno e i livornesi non sanno che c’è un suo libro in giro. Medita, Massimo, medita…

  29. Marialura hai ragione, purtroppo viviamo in una città che ha ben altro a cui pensare che investire sulla cultura e il clichè del livornese mangia, bevi e dormi è talmente radicato che innesca un circolo vizioso che paralizza ogni azione. Eppure grattando sotto la scorza si scopra una livorno particolarmente viva, voi con il corso e con il blog ne siete una testimonianza, ma una delle tante direi perchè la voglia di far cultura e. Livorno pullula di associazioni culturali, ma il notro difetto è che tutto questo rimane soltanto come hobby, mentre una gestione più sapiente e lungimirante del potere politico dovrebbe capire l’importanza di fare business anche con la cultura, che non è un’operazione impossibile, ma richiede risorse iniziali che la nostra amministrazione non dispone o impegna altrove. Però sono anche convinta che spetti un po’ anche a noil soscietà civile attivarsi e proporre idee, come diceva Erica, e rompere le scatole in maniere chiassosa e sonora in modo che i no diventino anche un po’ pubblici e non sempre e solo espressi tramite formali comunicazioni tra il richiedente e chi è tenuto a mettere o meno veti. Vi auguro una buona lezione domani sera e un buon fine settimana, sperando di poter essere presto una di voi!

  30. Sì, ponyboy, l’ignoranza ne fa di danni, ne fa. Se poi colleghiamo l’ignoranza alla stupidità, allora è la fine. E il problema è che spesso chi ci governa è, oltre che ignorante, anche stupido. Non solo, la cosa grave è che hanno il potere. Questo è un mix micidiale, un mix contro il quale è difficile combattere.

  31. Bada Sergio che io in piazza Grande ci abito da più di vent’anni e i piccioni mi raccontano sempre tutto…A domani

  32. Ciao a tutti, una cosa che vedo in alcuni paesi stranieri (comunque composti da esseri umani dopotutto) è che “ci credono” al concetto di nazione, di comunità.
    “Credono” nell’attraversare col verde ecc. ecc. Forse perchè chi gli ha insegnato a sua volta “ci credeva” (e via così).
    Temo che da noi siano sempre meno quelli che ci credono, e purtroppo ciò lascia il posto ad egoismo del tipo “mimportanasegadelsemafororosso”…
    L’empatia, il rispetto, la gentilezza, la cortesia sono valori dell’animo umano, ma sempre e tutto ha bisogno di essere alimentato e curato. Allora, crediamoci, e crediamoci tutti!

    Ciao (a venerdì sera)

  33. Bene, bene, il discorso si allarga e piano piano riusciremo a concretizzare qualcosa di buono. E’ bene che la gente sappia – fosse solo dando un’occhiata a questo blog – che ci sono molte persone che vogliono fare, che non ci sono limiti di età all’inventiva e alla caparbietà, che “il mondo si può cambiare”. I giovani, cara Marialaura non sono tutti uguali, neanch’io l’ho mai detto; i giovani sono uguali come molti di quelli che hanno la stessa mia età: ci sono dei fannulloni e ignoranti così come ce ne stanno tra i meno giovani come me. La voglia di esserci, di modificare il negativo, di sapere che un giorno potrebbero ringraziare anche noi (mamma mia… non dico proprio rimanere nella storia, eh!) per alcune piccole “invenzioni” o suggerimenti, ci dà la forza per lottare. Non morirò con il pensiero che avrei potuto fare e non l’ho fatto. Ci provo, lotto contro la burocrazia, le istituzioni, la pigrizia… poi, se non ci riuscirò, pazienza: ma almeno ci ho provato. Sì, per adesso non posso parlare più di tanto di questo progetto culturale che insieme ad altri (in primis Sandra e Marialaura) sto cercando di realizzare: al momento opportuno lo sapranno anche i piccioni di Piazza Grande! Elisa… non dire mai più “scusate lì’intromissione”: tu DEVI intrometterti quando vuoi dire la tua! Tira fuori idee, piuttosto… tu che fai ancora sedere la gente anziana sugli autobus perché tua nonna te l’ha insegnato! Già… ma dove sono queste nonne? o questi genitori?

  34. E chi dice nulla Marialaura. Giusto quello che scrivi, ma la storia ci insegna che spesso, anzi quasi mai autorità e cultura, istituzione ed arte sono andate a braccetto. A men che non si trattasse di cultura elitaria o populistica che ad autorità ed istituzioni compiaceva e costava meno del ritorno che ne avevano.

  35. Ciao Sergio (e ciao Elisa!),
    ero passata per leggere qualche commento, ma come sempre non ho resistito e… ecco il mio nuovo “sfogo”!
    Nuove idee, nuovi progetti… certo, questi sono fondamentali, non c’è che dire. Ma, se tutto questo non viene “aiutato” da chi tira i fili della società non si arriva a niente!
    Conosco bene ciò di cui parla Sergio (anche perché spero di aver dato una mano nel mio piccolo e spero, anche, di continuare a farlo!) e credo che se andrà in porto sarà, davvero, una cosa importante per chi, come noi, vive delle emozioni e delle sensazioni grandissime che ci danno foglio e penna (o tastiera!).
    Penso anche che noi giovani abbiamo tanto da offrire con le nostre idee e voglia di fare. Spesso cerchiamo di dare una mano alla società, ma non veniamo ascoltati. Sarebbe forse più opportuno uscire da questo stereotipo del giovane fannullone o annoiato che perde tempo a divertirsi e basta. Non tutti sono così. Ci sono molti giovani che faticano e tirano fuori le unghie per arrivare dove vogliono e migliorare, così, la città e la società in cui vivono!
    E allora… uniamo le forze e rivolgiamoci a chi ha la situazione in mano… magari non arriveremo a niente o magari si…
    PS = Sono sempre dell’idea che il rispetto e l’educazione non siano caratteristiche “comuni”… purtroppo!

  36. Altra ideaccia mattutina… Ma che m’ha preso oggi? Nello spaziaccio del comune cominciare a trattare di letterature e opere straniere in parallelo a quello che i ragazzi stanno facendo a scuola. esempio. Boccaccio? Bene, Chaucher. Pirandello? Bene Cecov e così via

  37. Uimmei, Gesummaria!!!! L’argomento è di una vastità apocalittica e non saprei da dove cominciare. Si può ragiornerne per anni, valutarlo sotto milioni di aspetti, magari rimpiangendo i tempi andati o colpevolizzandoci per non aver saputo fare di meglio o, molto più modestamente, non aver saputo impedire certi scempi.
    Ragionarne, discuterne è pur sempre positivo: almeno si muovono le acque. Si rischia però di girare intorno a noi stessi, persi in un fiume di parole, come facendo una perenne inversione a U che ci riporta sempre al solito punto.
    C’è bisogno di idee, concordo con Sergio, magari piccole, ma fattibili e che siano possibilmente di impatto.
    Viviamo a Livorno? Bene, partiamo da qui.
    E’ mia opinine, srettamente personale badate bene, che almeno due siano gli elementi che hanno portato la situazione ad essere quella che è: uno il menefreghismo e l’arroganza, l’altro il Dio quattrino.
    Non possiamo certo far crociate senza senso che ci vedrebbero drappello massacrato da ben più potenti eserciti.
    Mi par di capire che Sergio stia lavornado ad un progetto che coinvolge le istituzioni e che non si apra più del troppo sulla faccenda perchè non ha ancora certezze. E questo va benissimo.
    Il suo corso di scrittura acquista maggior significato se si pensa, notizia di questi ultimi giorni, che ci son problemi a ricoprire le cariche di magistrato perchè all’ultimo concorso la commissione ha fatto uno spicinio di candidati solo perchè i test erano italianamente illeggibili ed inguardabili.
    Intanto prendiamo in esame, liberi di commentare, dissentire e tirarmi le orecchie domani al corso se vorrete, le ORRENDE baracchine del lungomare. Strapiene di giovani che là vanno perchè in realtà non molto altro offre la Città. Vanno per ritrovarsi, per una bevuta, per una canna. Il fumo è sempre facilmente reperibile in zona.
    Andiamo dai gestori e proponiamo: “Tre serte di introduzione al jazz”. Parliamo di jazz oltre che poi farlo ascoltare. Sergio, hai presente l’Alexander Plaza a Roma e “The new roman jazz band?”? Ecco, in una baracchina lungomare penne al pomodoro, che il cacciucco è peso peggio delle “purpette coll’aglio” . E se funziona a seguire serate a tema: Chat Backer, Max Roach (tanto per restare dalla tua eh, Sergio!), J.J. Johnson e via così.
    Ancora, uno spaziaccio dato dal comune, che funzioni da “sportello” per quelli che sono in difficoltà con italiano e storia e filosofia o quant’altro vi venga in mente.
    Idee buttate lì, solo questo, senza neanche troppo riflettterci sopra.

  38. Scusate l’intrommissione, non faccio parte del corso anche se mi piacerebbe ma mi diverto lo stesso a leggere il vostro blog. Sono, in sostanza, una collega di Marialaura (entrambe legate a filo doppio al Tirreno). Mi intrometto perché questa discussione mi ha fatto venire in mentre una scena di quando ero piccola, 4 o 5 anni. Mia nonna quando salivamo sugli autobus mi faceva mettere a sedere, ma non appena avvistava una persona anziana in difficoltà, mi diceva: “chiedi alla signora ( declino anche al maschile) se vuole prendere il tuo posto”. E così facevo, mi alzavo e cedevo il posto. Beh, vi dirò, tutte le volte che salgo sull’autobus mi vengono in mente queste parole, entra in azione il mio super io. Inutile pararsi dietro mille ragionamenti, io mi chiedo se ancora ci sono nonne che insegnano a vivere la vita guardando un po’ più il là del proprio naso. Perdonate l’incursione!

  39. mancano le medicine?

    può essere.

    ma per alcuni “malanni” non servono, o meglio non bastano.

    non sempre se non c’è medicina non c’è cura..

    proviamo ad allargare gli orizzonti

    😉

  40. iniziamo da noi.

    ho sempre pensato che è l’unico modo per cambiare qualcosa.
    impercettibile goccia nel mare che sa generare onde e propagare entusiasmo, o anche solo “sfiorare” le gocce sorelle lì vicine..

    quello che fai tu a Livorno è un fantastico inizio.

    c’è da imparare.

    😉

  41. bada bene, gli errori dei figli sono sempre colpe dei padri.
    Abbiamo generato una generazione (scusa il gioco di parole) che è privo di ideali, l’ultimo sondaggio dichiara che la politica e (per fortuna) la religone hammo perso appell nelle giovani leve.
    L’unica istituzione che regge è il Presidente della Repbblica, un ottantenne che non ha petere decisionale se non in modeste situazioni, la scuola è retta da insegnanti che in grande percentuale trasmettono solo nozioni, la maggior parte delle famiglie hanno il quotidiano da afrrontare e non sono in grado di occuparsi di problematiche inerenti l’educazione.
    mancano le medicine, per questo dico che non c’è cura

  42. E’ vero quello che dici Marialaura, tutti abbiamo ragione quando ci lamentiamo delle cose che non vanno. E’ sempre bene parlarne piuttosto che fregarsene e tirare dritto, ma è pur vero che lamentarsi e basta serve a ben poco. Ci vogliono le idee, e le idee che noi poveri-cittadini-comuni abbiamo, devono avere un valore, devono essere ascoltate dai capoccioni che ci governano. Qui a Livorno è – o sarebbe – relativamente facile provare a raddrizzare la situazione, perché non è una citta grande come Roma, è più facilmente gestibile, controllabile. Eppure oggi sembra così difficile anche qui, in questa città che una volta (prima della seconda guerra mondiale) era il vanto del Mediterraneo, piena di artisti, di vita, di incontri importanti; poi lo sfacelo; poi la ricostruzione (accidenti a chi ha costruito il palazzo in piazza grande!), la voglia di risalire dal fondo, dalla miseria. C’era l’altruismo, il concetto che se ti aiuto e un giorno anch’io avrò bisogno di aiuto qualcuno poi me lo darà, c’era qualcosa di più. Se qui a Livorno per esempio oggi manca la cultura – o perlomeno non ce n’è abbastanza – oggi sto cercando di organizzarmi per farla crescere (Marialaura, Sandra e l’Assessore sanno…), cioè sto dando il mio modestissimo apporto. Perciò vi dico: tirate fuori le idee che avete per salvare il salvabile, che si tratti di Livorno, di Roma o di qualsiasi altra città.

  43. Ciao Sergio… io credo che non sia un problema di generazione. Penso, fermamente, che sia un problema di mancanza totale di rispetto per gli altri, ma anche per noi stessi. E’ (non riesco a mettere l’accento con la tastiera!) bello rispettare le regole, dare la precedenza se c’è un pedone sulle strisce, fermarsi allo stop… dovrebbe far sentire meglio anche noi che lo facciamo, non solo chi riceve il “favore” (che, poi, favore non è…). Il punto è che oggi il mondo va al contrario. Tutto è l’opposto di tutto. Niente è mai come dovrebbe o come sembrerebbe!
    Ecco perché, spesso, mi sembra di stare nel posto sbagliato al momento sbagliato!
    Buona serata…

  44. Secondo me, caro Paolo, non è giusto dire che questa generazione è incurabile, perché allora mi viene da pensare e da dire che le altre precedenti siano state anche peggio. Questa generazione è figlia delle altre, e se oggi si comporta così è colpa soprattutto di chi l’ha partorita. Voglio un modo o un’idea per combattere l’ignoranza, da mettere in atto ora!

  45. hai fatto una domanda, e ti sei dato, purtroppo anche la risposta.

    L’ignoranza regna sovrana, vige il potere del più forte.

    Almeno nelle civiltà arcaiche o nel regno animale tutto ciò è naturale.

    Al giorno d’oggi l’unico modo per cambiare è sconfiggere l’ignoranza, il portare la gente ad avere di nuovo sani valori.

    Questa generazione è incurabile

    Speriamo nella prossima.

    Ciao, Paolo